Il Governo Meloni si appresta ad applicare una stagione di spending review applicata ai comparti pubblici, Scuola compresa, che prenderà il via con la Legge di Bilancio 2025 per concludersi nel 2027, a fine legislatura: le “voci” insistenti dei giorni scorsi sulla politica di risparmio generalizzato che vedrà coinvolti tutti i settori della macchina statale si sono trasformati in denuncia pubblica. A produrla, dopo l’Assemblea generale, è stata la Cgil: il sindacato ha tenuto a fare sapere che “la prossima legge di bilancio inaugurerà una lunga stagione di rigore e tagli alla sanità, a istruzione e ricerca, alla previdenza, ai contratti collettivi nazionali di lavoro pubblici, agli enti locali, agli investimenti”.
Il problema, sottolinea il sindacato, è che “tutto ciò non è una prospettiva inevitabile, ma il risultato di una precisa scelta politica: quella di non toccare extraprofitti, profitti, rendite finanziare e immobiliari, grandi patrimoni, evasione fiscale e contributiva“.
Resta da capire, se la notizia sarà confermata, su quali ambiti scolastici si attueranno i tagli di spesa: nel mirino potrebbero esserci ulteriori accorpamenti di istituti, il cosiddetto ‘dimensionamento’, o la riduzione delle risorse, peraltro già ‘magre’, destinate alle scuole. Mentre molto difficilmente si potranno attuare riduzione agli stipendi o, in generale, ai compensi del personale, già remunerato con somme molto al di sotto della media degli altri comparti pubblici e anche dei colleghi d’oltre confine.
I timori riguardano, quindi, anche il settore previdenziale: su questo fronte, il pericolo maggiore è che vengano ulteriormente alzati i requisiti minimi per l’accesso al pensionamento.
Secondo la Cgil non bisogna toccare i ministeri e gli enti locali, ma è invece necessaria una riforma fiscale alternativa “fondata sui principi previsti dalla nostra Costituzione: progressività, equità, capacità contributiva, lotta serrata all’evasione, conferma delle misure sul cuneo fiscale e contributivo in scadenza, restituzione del fiscal drag, incremento delle imposte su profitti, rendite e grandi ricchezze“.
L’organizzazione sindacale guidata da Maurizio Landini non è esclude a priori “un’insostenibile riduzione” di spesa pubblica, come il Governo ha fatto intendere di volere realizzare, ma prioritariamente occorre “aumentare il gettito fiscale per investire nel Servizio sanitario nazionale, nel welfare pubblico e universalistico, nell’istruzione, nel diritto allo studio, nella ricerca”.
Praticamente, sostiene la Cgil, i settori della Conoscenza devono diventare terreno di investimento e non, come sembra si appresti a fare l’Esecutivo in carica, uno dei settori pubblici sui quali attuare delle politiche di risparmio andando a tagliarne parti più o meno importanti.
Tra l’altro, la riduzione di finanziamenti al mondo scolastico ed in generale della formazione delle giovani generazioni andrebbe a cozzare con le promesse del Governo, che ha sempre sostenuto, almeno a parole, di avere la volontà di elevare la spesa per la Conoscenza rispetto al Pil, cercando quindi di avvicinarla a quella media europea vistosamente maggiore.
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