“Tutti i soldi presi debito per la prossima legge di Bilancio investiamoli sulla scuola, non su una flat tax che favorisce i più ricchi”. È un’idea che raccoglierà sicuramente consensi quella espressa dall’on. Francesco Boccia, candidato alla segreteria del Partito Democratico. Soprattutto perché per la scuola sinora la manovra di fine anno, via Def, ha prodotto solo tagli pari a circa 110 milioni di euro e una serie di fondi “ridistribuiti” da una parte all’altra: tutto qui.
Il deputato democratico, che tanto si è speso, seppure senza produrre risultati, per la questione dei Quota 92, che ha coinvolto anche alcune migliaia di docenti e Ata, punta quindi sull’istruzione per lanciare la sua sfida al leader uscente Matteo Renzi. Che per la scuola ha speso soldi, ma perso una miriade di consensi.
“Non è una provocazione, ma una scelta di campo – spiega Boccia -. E non a caso voglio ribadirlo dal circolo PD delle Vallette (di Torino n.d.r.), in cui il tempo pieno è un esempio per le periferie”.
Boccia dice che occorre inserire “nella prossima manovra un fondo straordinario per gli studenti e le famiglie, che si inserisce nell’impianto già esistente della scuola italiana; i dettagli saranno poi decisi tra sindacato e governo, ma così diamo un messaggio chiaro: la scuola è per tutti, la flat tax per i ricchi”.
“Un conto per la vita, a carico dello Stato, dal primo giorno di scuola fino alla maturità, con cui pagare tutto: dalla mensa, per evitare storie modello Lodi, al trasporto locale, dai libri allo scambio all’estero al quarto anno di liceo. Oggi, al tempo del capitalismo digitale, dobbiamo mettere al centro la scuola, una scuola aperta h24, che dia ai ragazzi nuovi punti di riferimento e nuove opportunità”.
“Ma per farlo – conclude Boccia – serve investire su chi la scuola la vive ogni giorno: insegnanti e personale. È una sfida che voglio lanciare al mio partito, per riconnetterci ai luoghi del bisogno e delle disuguaglianze, e all’attuale maggioranza che a tutto pensa fuorché alla scuola”.
Boccia, in pratica, vuole ripartire da quella scuola che ha tradito il suo partito, dandogli la spallata decisiva per le dimissioni del Governo Renzi.
L’esponente dem, come ha compreso tardivamente lo stesso ex premier, sa bene che qualsiasi battaglia politica, anche per imporsi alle primarie, non si può vincere senza il consenso del mondo scolastico, composto da oltre un milione di lavoratori e otto milioni di famiglie.
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