“Abbiamo fatto la conciliazione per evitare lo sciopero del 10 dicembre: le altre volte ci hanno detto che potevamo anche ragione, ma non c’erano i soldi. Stavolta ci hanno detto che abbiamo ragione, ma stavolta ci sono soldi per tutti meno che per la scuola. Il 10 dicembre diciamo basta e ci ribelliamo: non possiamo stare a parlare con chi si gira dall’altra parte”. A dirlo, con la veemenza che lo contraddistingue, è stato Pino Turi, segretario generale Uil Scuola: nel corso del convegno “L’autonomia scolastica oggi, tra principio di sussidiarietà e dimensionamento degli istituti”, svolto all’interno del Palazzo Viceconte di Matera.
Pino Turi ha detto che “lo sciopero si fa perché non siamo d’accordo in niente con questo Governo”: una posizione in linea con quella espressa poco prima da Francesco Sinopoli, leader della Flc-Cgil, che poco prima aveva parlato di una manovra di “33 miliardi in deficit” mentre “per la Scuola ci sono solo 200 milioni per il fondo per la ‘dedizione’, quindi 10 euro solo per chi è dedito”.
Le lamentele dei sindacati hanno un fondamento: per il rinnovo del contratto si raggiungeranno a stento i 100 euro lordi medi a lavoratore e di investimenti per rilanciare la scuola, tranne i fondi del Recovery Plan, non se ne parla.
“Negli ultimi anni – ha detto Turi – siamo stati sempre davanti a scuola e ospedali per dire di non chiuderli (ma negli ultimi dieci anni ne abbiamo però chiuse almeno 2mila ndr) . Il problema è che la distribuzione delle risorse è iniqua, perché lo Stato non pensa più ai cittadini. Debiti e corruzione imperversano”.
Il numero uno della Uil Scuola ha ricordato, riferendosi al tema della giornata, che “era un’altra cosa l’autonomia scolastica introdotta a fine anni Novanta dall’allora ministro Luigi Berlinguer nel titolo Quinto della Costituzione. Mentre dopo 20 anni ancora parliamo di autonomia differenziata. C’è un vuoto politico”.
“Allora – ha continuato Turi – ben vengano questi approfondimenti, per ricordarlo. Anche per dire che purtroppo una cattiva politica neoliberista sta rovinando questo Paese, così la scuola non solo non è più ascensore sociale ma aumenta oggi le differenze. Come può funzionare una scuola con centinaia di migliaia di precari? Perché un giovane di una famiglia non abbiente deve essere penalizzato?”.
E ancora: “Se difendo la comunità scolastica penso anche ai genitori. Sbaglia chi dice che la scuola è un servizio: no, l’istruzione non è un servizio ma una funzione dello Stato. Gli alunni non sono utenti, ma giovani cittadini che vanno educati. È questa la deriva dell’autonomia”.
Turi ha poi detto che “anche il Pnrr è una delusione”, perché non affronta i bisogni. “Una scuola stressata significa stressare gli alunni. C’è un continuo attacco alla docenza di questo Paese, a causa del neo-liberismo e dell’individualismo che nella scuola non c’entrano nulla. Al cittadino non si può spiegare che il nemico va sconfitto, invece servirebbe parlare di solidarietà”.
“L’imprenditore che per sua natura deve guardare al profitto – ha sottolineato Turi – non può dedicarsi alla formazione dei cittadini. Non si può dare un pezzo della scuola a Confindustria, perché gli Its vanno agganciati alla didattica e non al volere delle aziende”.
“Il super ministro sta portando questo Paese in braghe di tela. Non c’è democrazia e partecipazione, questo è il vero danno alla scuola”, ha concluso Pino Turi.
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