Un flop o quasi, la mancata approvazione dello Ius Soli. Forse sarebbe anche il caso di scrivere “vergogna”.
La legge su Ius soli e Ius culturae è stato approvata alla Camera nell’ottobre del 2015 con l’opposizione del centrodestra e l’astensione dei 5Stelle. Si è poi impantanata al Senato, dove il leghista Roberto Calderoli ha presentato più di 5 mila emendamenti e i 5Stelle hanno dichiarato che non l’avrebbero votata. Il primo dibattito in aula a Palazzo Madama, nel giugno di quest’anno, è finito in rissa con la ministra Valeria Fedeli medicata in infermeria.
Entro fine anno il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dovrebbe firmare il decreto di scioglimento delle Camere facendo calare il sipario alla legislatura.
Niente legge, dunque, sullo Ius soli. La legge avrebbe esteso la cittadinanza italiana agli 800 mila ragazzi nati in Italia e figli di immigrati regolari. Nel nostro Paese la cittadinanza ora è tramandata per Ius sanguinis.
Cosa prevedeva lo Ius soli non approvato dal Parlamento? Un bambino nato in Italia da genitori stranieri può avere la cittadinanza italiana se almeno uno dei due genitori si trova legalmente in Italia da almeno 5 anni e abbia regolare permesso di soggiorno. Un ragazzo figlio di genitori stranieri può altresì acquisire la cittadinanza se è arrivato nel nostro paese prima di avere compiuto 12 anni e ha frequentato la scuola per almeno 5 anni, avendo superato un ciclo scolastico (elementari o medie): si tratta in questo caso dello Ius culturae.
A La Repubblica, parlano tre ragazzi che avrebbero potuto ottenere la cittadinanza italiana se il Parlamento avesse approvato la legge in via definitiva. C’è anche il caso di Diana, 21 anni: “L’Italia è la mia casa, cosa altro potrei dire? Ho fatto il liceo Classico, la scuola italiana per eccellenza, ho studiato greco e latino, i maestri e i prof alle elementari, alle medie, alle superiori, mi hanno fatto sentire veramente cittadina di questo Paese. Eppure ricordo che per farmi partecipare ad una gita in Francia la mia scuola fu costretta a chiedere il permesso alla Questura, perché non avevo la cittadinanza e dunque ero diversa dai miei compagni”.
C’è poi il caso di Omar, 22 anni, che dovrà rinunciare all’Erasmus: “Sono nato qui, ho studiato qui, faccio la stessa vita dei miei amici, ma visto che ho ancora il passaporto tunisino non posso partecipare all’Erasmus che è riservato soltanto agli europei. Per i miei studi invece sarebbe fondamentale, ma noi senza cittadinanza siamo esclusi. Naturalmente io la domanda l’ho fatta, ma i tempi sono lunghissimi, bisogna stare attenti a non sbagliare, a non cadere in fallo, non si può uscire dall’Italia, altrimenti si ricomincia, intanto le occasioni si bruciano”.
Poi il caso di Ada, 25 anni, che non potrà partecipare a bandi e concorsi: “Ci siamo
inseriti senza problemi a scuola, al catechismo, nello sport. Oggi studio all’università di Padova, Cooperazione Internazionale, ho una laurea triennale e sto per ottenere la laura magistrale. Sono in attesa della cittadinanza, chissà quando arriverà, per questo ho già
dovuto rinunciare a uno stage a Bruxelles, a diversi bandi pubblici e a un master”.
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