Tutto il problema sollevato dal Vaticano relativo alla legge Zan si concentra sull’articolo 2 del Concordato che secondo la Santa Sede sarebbe violato dalla proposta di legge italiana.
Infatti si legge al comma 1 dell’articolo 2 dell'”Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana che apporta modificazioni al Concordato Lateranense” (quello in pratica firmato nel 1984 da Craxi e Casaroli): “La Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica”.
Se dunque la Repubblica riconosce alla “Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa”, come può imporre, qualora la legge passasse, alle scuole cattoliche l’articolo 7 del ddl Zan, “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”? Ciò significa che le scuole cattoliche dovrebbero pure organizzare attività in occasione della costituenda Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia.
E ancora, dice il Vaticano: il comma 3 recita che “è garantita ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Con la legge Zan non si attenterebbe alla “libertà di pensiero” delle scuole cattoliche e dei cattolici?
Dunque, riportano le agenzie, la nota del Vaticano non vuol essere un tentativo di “bloccare la legge ma una richiesta di rimodulazione per consentire alla Chiesa di esercitare la libertà pastorale, educativa e sociale”.
Ma c’è ancora un altro aspetto sollevato dai costituzionalisti del Vaticano e cioè che le garanzie di “libera espressione di convinzioni, che possono essere legate a valutazioni antropologiche su alcuni aspetti”, potrebbero essere inibite da norme penali che contribuirebbero ancora di più a limitare quella libertà sancita dal Concordato.
“Il crinale – dice il costituzionalista – è molto sottile nel senso che si deve evitare che ci sia un rischio di sanzionare penalmente espressioni o comportamenti che sono riconducibili a convincimenti, ma che non sono né di aggressione, né di violenza, né d’incitazione all’odio, anche se possono altri su queste opinioni fondare le loro condotte”.
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