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La lettura è l’unico antidoto alla “cretineria digitale”. E’ la tesi dell’ultimo saggio di Michel Desmurget

Michel Desmurget è dottore in neuroscienze e direttore di ricerca all’Inserm, l’equivalente francese del nostro Istituto Superiore di Sanità. In questi giorni è conteso da tutti gli studi televisivi e da tutta la stampa in generale: il suo ultimo saggio, “Fateli leggere!”, ha infatti suscitato un largo dibattito non solo tra gli addetti ai lavori. Il professore ha le idee chiare, il sottotitolo non dà adito a dubbi, “È ora di dire basta al cretino digitale”. Il concetto di fondo è semplice, Desmurget stesso lo dichiara durante un’intervista al quotidiano Le Figaro: dopo anni di ambiguità, siamo arrivati al dunque. Il nostro sistema scolastico sta affondando, è tempo che la politica agisca con urgenza. Ricordiamo che il livello d’istruzione è un importantissimo elemento predittivo dello sviluppo economico e del PIL di una nazione.

L’eccesso di esposizione agli schermi – del telefono, del computer, dei tablet, dei videogiochi – produce effetti nefasti sui risultati scolastici e sul quoziente intellettivo dei ragazzi e delle ragazze. Le ore di sonno ormai ridotte al minimo a causa della quotidiana sbornia da social procurano evidenti danni in termini di attenzione e di concentrazione al mattino durante le lezioni.

L’unico antidoto a questa deriva che sta producendo una generazione di giovani analfabeti è la lettura. Leggere – secondo Desmurget – è l’unica attività, piacevole, che offra un largo ventaglio di benefici. Attraverso la lettura, bambini e adolescenti nutrono quelli che il ricercatore francese chiama “i tre pilastri fondamentali” della nostra umanità: facoltà intellettive, competenze socio-emotive e abilità sociali.

Del resto, è evidente che decifrare segni grafici non significa sapere leggere. I test delle valutazioni periodiche internazionali lo confermano: c’è un’alta percentuale di adolescenti che non capisce ciò che legge.

E come si impara a capire quello che si legge? Leggendo, ça va de soi! Ma attenzione, non leggendo su uno schermo, ma sfogliando le pagine di un “vero” libro. La prima vittima degli schermi – sostiene il professore – è l’intelligenza verbale. Gli effetti sono drammatici sullo sviluppo del linguaggio, sulla cultura generale, la memorizzazione e l’apprendimento scolastico.

Nel saggio di cui parliamo, Desmurget mostra che al centro della nostra intelligenza c’è il linguaggio. Non solo la lingua orale, ma soprattutto la lingua scritta, che è molto più ricca e resta la chiave di volta per il successo scolastico, ma non solo. Lo scritto e l’orale – sostiene il docente – è come se fossero due lingue. Se si padroneggia lo scritto, si padroneggia anche l’orale. L’inverso non è così evidente. Le frasi allo scritto sono più lunghe e articolate, includono le relative, la voce passiva e dei tempi come il passato remoto o il futuro anteriore, tutta roba ormai quasi del tutto scomparsa dalla pratica orale della lingua. In questo senso, i libri sono strumenti insostituibili, perché contengono un vocabolario molto più ricco rispetto a qualunque film, video o cartone animato.

La scuola potrà mai, da sola, assolvere a questo compito a prima vista così terribilmente complesso? Restituire, cioè, il gusto di leggere un vero libro a bambini e giovanissimi nati e cresciuti con uno schermo tra le mani?

No – conclude il saggista – senza la famiglia il compito diventa una missione impossibile: i genitori che leggono storie a un bambino gli permettono di costruire la lingua dello scritto. Quando, a scuola, avrà imparato a decodificare i segni grafici, sarà già in possesso di un bagaglio di parole e di strutture sintattiche e grammaticali che gli consentiranno di affrontare le specificità della scrittura. Altrimenti sarà perso. Basta ignorare il due o il tre per cento delle parole di un testo perché questo divenga incomprensibile. Più parole conosce, più il bambino sarà capace di comprendere un brano e di compiere delle inferenze, deducendo il senso delle parole che ancora non conosce.

Tecnicamente, niente da eccepire, il professore ha ragione da vendere, la famiglia è un’alleata fondamentale della scuola e i bambini che crescono in un ambiente stimolante, ricco di libri, giornali e input culturali  di vario genere, sono di certo potenzialmente avviati verso un sicuro successo scolastico.

Il problema è che… quante sono queste famiglie? La maggioranza o una ristretta minoranza? Propendiamo purtroppo per questa seconda ipotesi. E allora, come spesso accade, sono i docenti che dovranno farsi carico dell’istruzione e dell’educazione dei loro alunni, come già sanno fare benissimo. Senza demonizzare le nuove tecnologie, il digitale e gli schermi – tutte cose importantissime senza le quali non potremmo più vivere – ma cercando di far nascere nei più giovani altre passioni forti: quella della lettura di un buon, vecchio libro formato da pagine di carta, per esempio…

Gabriele Ferrante

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