Un docente di scuola primaria non può improvvisare una lezione sull’educazione sessuale e sull’affettività: si tratta di argomenti delicati e che meritano di essere trattati solo da esperti oppure programmati dopo un’adeguata fase di preparazione. A sostenerlo è stato il giudice autore, alcuni giorni fa, della sentenza 8740/2024 della sezione Lavoro della Cassazione, che ha respinto il ricorso di una docente contro la pesante sanzione disciplinare (il licenziamento) comminata dall’amministrazione scolastica a seguito di una lezione, improvvisata, dopo una lite tra due bambini, incentrata su argomenti legati all’attività sessuale e alla riproduzione. Il fatto che la lazione, non preventivata, sia stata conseguente al litigio tra due bambini non è stato ritenuto un motivo valido. In ogni caso, non poteva e doveva essere improvvisata: quei contenuti avrebbero infatti provocato turbamento e disagio negli alunni.
A quel punto, alcuni genitori, ma anche un’altra insegnante, hanno deciso di rivolgersi alla dirigente scolastica, che ha verificato la veridicità delle accuse e segnalato l’accaduto all’Ufficio scolastico regionale che a sua volta ha avviato il procedimento disciplinare conclusosi con il licenziamento della docente.
Il suo errore, ritenuto particolarmente grave, è stato quello di non avere tenuto conto della tenerissima età degli alunni e della loro immaturità nell’affrontare argomenti così delicati. Oltre non essersi consultata con i docenti colleghi della stessa classe e quindi non avere pianificato quel genere di lezione: parlare ad una classe di un tema così complesso, infatti, anche a detta della Corte, comporta una fase di programmazione e necessariamente il coinvolgimento di più insegnanti.
Toni Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia onlus, non nasconde la sua soddisfazione per quella che definisce una “importante sentenza: la Cassazione ha stabilito che sessualità e affettività sono argomenti delicati che la scuola non può affrontare a piacimento senza un’adeguata preparazione e condivisione, fuori dal giusto contesto e senza tenere conto della sensibilità dei minori, che possono rimanere turbati da un’esposizione improvvisata”, ha dichiarato il presidente.
“Auspichiamo – incalza Brandi – che questa sentenza possa essere un primo e importante passo per rimettere al centro la libertà educativa dei genitori, non solo su temi come l’educazione affettiva e sessuale ma soprattutto per eliminare dalle scuole italiane progetti e attività fondate sull’ideologia Gender e sull’Agenda LGBTQIA+ come la pericolosa e illegale Carriera Alias che – spesso proprio all’insaputa dei genitori – rischia di innestare nella mente di bambini e adolescenti la falsa convinzione che si possa ‘nascere nel corpo sbagliato’”.
E ancora: “Rinnoviamo in tal senso la nostra richiesta al Governo e al Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di intervenire per bloccare la diffusione della Carriera Alias e salvaguardare il benessere psicofisico dei nostri figli e nipoti”.
“Ci dispiace solo – conclude Brandi – che la sentenza non abbia ricordato espressamente anche la necessità di consenso informato dei genitori e il primato educativo che spetta alle famiglie in base agli articoli 2, 3, 29, 30, 31, 33, 34 della Costituzione, dell’art. 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e dall’art. 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”.