Tutto si trova nella stanza della Buona scuola dedicata al Digital Makers, dove, fra le proposte, sta avendo successo quella delle lezioni videoregistrate da mettere sul web.
Secondo Skuola.net il vantaggio principale delle lezioni in streaming sarebbe quello di permettere a chi è costretto ad assentarsi di recuperare e per chi, a casa, volesse ripassare o comprendere meglio i punti più difficili.
Ma c’è dell’altro, secondo taluni: “Con le nuove tecnologie sarebbe semplice creare un nuovo rapporto di lealtà, chiarezza, trasparenza, con le famiglie. Basterebbe mettere una telecamera in classe e videoregistrare le interrogazioni e dare il file su pen drive agli studenti che lo daranno alle famiglie. Si eviterebbero molti ricorsi al Tar”.
E in più, registrare lezioni permetterebbe di creare un archivio di video che, insieme ad altro materiale multimediale, può servire alla didattica in molti modi: “Questo tipo di attività è di per se uno strumento utile per valutare i docenti che producono materiale, garantisce una maggiore libertà di insegnamento e può far risparmiare soldi alle famiglie”.
Altri osservano che in questo modo si permetterebbe “una didattica migliore, perché nei video si potranno mostrare cose difficilmente riproducibili in classe. Inoltre saranno sempre disponibili per essere guardate ogni volta che serve e permetterà agli studenti di approfondire argomenti extra”.
Niente però toglie che i ragazzi, considerato che potranno vedere la lezione in differita e a casa e in tutta comodità, possono pure lasciare l’aula durante le lezioni, farsi una passeggiata a scuola, sorseggiando magari qualche drink, e socializzare meglio fra di loro.
L’occhio della telecamera poi realizzerebbe finalmente il vecchio sogno di taluni dirigenti di esplorare fino in fondo la fedeltà dei propri docenti e ai genitori di fare gli insegnanti, saputelli di tutto lo scibile umano.
Il cardinale Angelo Bagnasco invece, aprendo l’assemblea dei vescovi italiani ad Assisi, punta il dito contro ciò che lui chiama “sirena tecnologica”: “La macchina fornisce dei dati, non insegna a fare sintesi. La base della cultura non sono le competenze, che ci sono e sono spesso eccellenti, ma innanzitutto la formazione globale della persona. Il problema non è avere più informazioni, ma provare a fare sintesi. Ci sembra che la scuola sia sempre più tentata dalla sirena tecnologica: naturalmente la sirena canta per bocca e per conto di chi ci specula e arricchisce. I bambini sanno usare i dispositivi tecnologici meglio degli adulti, ma la macchina fornisce dei dati, non insegna a fare sintesi”.
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