Alunni

La limousine e il poverello

Essere ricco è una colpa? E non tende ciascuno di noi a diventarlo? Come Mazzarò, quello della novella del Verga. Ma anche come Paperone. E, dice un vecchio proverbio siciliano, bellezza e ricchezza non si possono nascondere. E poi, perché mai? E se si è ricchi e ci si può permettere  una limousine, anche per accompagnare il figlio a scuola, perché non usarla? L’ostentazione di opulenza è un peccato? Ma se l’opulenza c’è, rimane sempre, benché  si può pure scegliere di mandare il figlio in una scuola privata e per soli ricchi, o all’estero in qualche college svizzero, per esempio.

Indignazione

Ma sembra tuttavia che usare una limousine, da parte di un riccone, per accompagnare il figlio scuola, abbia suscitato indignazione, rabbia e pure, forse, un velo di livore, mentre l’azione in sé rischia di scagliare, protesterebbe una mamma, un messaggio non edificante e poco educativo ai compagni del fortunato ragazzino. E la mamma ha protestato e si è indignata e ha puntato il dito.

Cattivo esempio e segnale di sberleffo

Non giudichiamo la sua azione, ma il fatto: un ricco, presumibilmente, signore accompagna il figlio a scuola con una macchina di lusso e qualche mamma si lamenta, condannando quell’uso come un segnale di sberleffo nei confronti di tanti altri compagni che non potranno mai permettersi tanto lusso.

E la povertà?

Tuttavia ci permettiamo riflettere: non per la ricchezza ci si dovrebbe indignare, ma per la povertà, per l’indigenza, per la miseria. Per quella sì, per chi non può permettersi la mensa scolastica o persino il bus per andare a scuola. La visione della povertà, dolente ma dignitosa,  dovrebbe fare issare bandiere di rabbia e protesta;  quella dei bimbi che non possono coprirsi bene dentro il freddo delle strade o di casa propria. Ma la povertà non è apparente, non ostenta perché ama il nascondimento ed è dimessa, cupa, miserabile. E tutto ciò che disturba la coscienza è meglio che rimanga invisibile, lontana, cieca. Tutto all’opposto insomma della ricchezza che, di per sé, per sua stessa ragione, non si può nascondere e dunque non può offendere, ma sibilare solo qualche nota di gelosia, seppure in sordina.

Pasquale Almirante

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