Il latino deriva dal sardo, chi dice il contrario sbaglia. A negare che il sardo sia una lingua neolatina è Bartolomeo Porcheddu, studioso, esperto e appassionato del genere, con due specializzazioni nel settore, nel suo nuovo lavoro. Nel suo libro, presto in uscita, ribadisce in italiano una doppia motivazione alla sua tesi, già espressa in un precedente volume in limba (la lingua scritta sarda): storica e linguistica.
Un esempio emblematico – scrive l’Ansa – è la parola latina filium, figlio. “In realtà c’è stato uno scambio – spiega Porcheddu all’agenzia di stampa nazionale – la consonante zeta, che era scritta come una i, è stata presa come una vocale. E io nel libro dimostro questo errore: non si trattava affatto di una vocale. Filium in realtà diventa filzum, con una zeta sonora, alla logudorese”. Un altro esempio? La y greca.
“In latino si legge i – spiega – ma in realtà è la cosa più sbagliata di questo mondo perché si legge come u. Se vado a leggere ‘tirreno’ anziché ‘turreno’ sto stravolgendo la parola. Il significante non mi dice niente: che cosa significa tirreno? Se io vado a leggere turreno mi riferisco al mare di Turres, l’attuale Porto Torres”.
Due esempi. “Nel latino di oggi – afferma ancora l’esperto – troviamo il sardo di tremila anni fa”.
Ma il libro è ricco di accurate dimostrazioni. Che presuppongono una storia diversa da quella dei libri che si studiano a scuola e all’università. E cioè quella del dominio nel Mediterraneo di una grande civiltà con base nell’isola. Spazzata via forse dall’acqua (ipotesi dei libri di Sergio Frau) o da un fisiologico declino anche commerciale, politico e militare.
“L’ossidiana di Monte Arci è stata trovata anche in Francia e in Toscana: significa che andavamo in giro dal tempo del neolitico. Il declino? C’è stata una guerra mondiale. Ad esempio la guerra di Troia aveva opposto i greci achei alle popolazioni rivierasche, tra le quali c’erano sicuramente dei coloni sardi”.
“Dopo quella sconfitta i sardi hanno perso il controllo del mare. Prima c’era un legame tra la madrepatria Sardegna e i territori colonizzati. Poi, dopo aver perso il dominio del Mediterraneo questi ultimi si sono piano piano resi indipendenti”, conclude Porcheddu.
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