È incostituzionale che i dipendenti pubblici (quindi pure docenti, Ata e dirigenti scolastici) che vanno in pensione debbano attendere anni per vedersi assegnata la liquidazione: lo ha sentenziato la Corte Costituzionale con la decisione n. 130, attraverso la quale ha puntato il dito contro il differimento e la rateizzazione del Tfr e del Tfs dei dipendenti della Pa in quanto non ottempera al “principio della giusta retribuzione, contenuto nell’art. 36 della Costituzione”. La Corte Costituzionale non ha dubbi: bisogna “rimuovere subito il vulnus”.
Il problema non è da poco: oggi, infatti, la liquidazione arriva dopo almeno due anni, se non addirittura sette anni, nei casi di pensione anticipata, anche a rate quando l’importo supera i 50.000 euro.
La sentenza è già commentata da alcuni sindacati, che non nascondono la loro soddisfazione. E già avanzano richieste, proprio per darvi seguito.
“La Uil-Fpl, la Uil Scuola-Rua e la Uil-Pa chiedono al Parlamento e al Governo la rimozione immediata di questo vulnus, rilevato anche dalla Corte Costituzionale, che rappresenta una grave penalizzazione per i dipendenti pubblici e un’appropriazione indebita da parte dello Stato”, scrivono in una nota Domenico Proietti, segretario generale della Uil-Fpl, Giuseppe D’Aprile, segretario generale della Uil Scuola-Rua e Sandro Colombi, segretario generale Uil-Pa.
I sindacalisti reputano anche fattibile la strada dell’indennizzo riparatorio: parlano già di richiesta di “risarcimento per le migliaia di lavoratrici e lavoratori pubblici che ancora, a distanza variabile dai 2 ai 7 anni, stanno aspettando di ricevere il loro salario differito“.
Solo qualche giorno fa, sempre il sindacato Uil aveva pubblicamente chiesto per quale motivo lo Stato deve sottrarre migliaia di euro quando un lavoratore pubblico, anche della scuola, chiede l’anticipo del Trattamento di fine servizio o di fine rapporto. E perché l’attesa per ottenere la somma richiesta è lunghissima, seppure scontata?
“Per ottenere l’anticipo della liquidazione, la cui procedura è tra l’altro lenta e dall’esito non scontato, si arriva a pagare più di 2.000 euro tra tassi di interesse e commissioni“, avevano fatto osservare le tre federazioni Uil del settore pubblico: la Uil Fpl, la Uil Scuola Rua e la Uil Pa.
Il sindacato aveva anche denunciato che il differimento della liquidazione del Tfs/Tfr per i dipendenti pubblici “è stata un’enorme operazione emergenziale per fare cassa, la cui perpetuazione risulta oggi ingiustificabile. Una vera e propria appropriazione indebita da parte dello Stato: il Tfs/Tfr ha natura di salario differito e in quanto tale è costituzionalmente tutelato. Il differimento determina invece una fattispecie discriminatoria a danno dei lavoratori pubblici rispetto a quelli privati, per i quali la liquidazione avviene immediatamente”.
Il differimento del pagamento del Tfs e Tfr, avevano osservato le tre federazioni, “non solo erode il potere d’acquisto, ma pregiudica in modo trasversale la qualità della vita delle persone e le costringe a pagare una penalizzazione qualora decidessero di avvalersi dell’anticipo offerto dall’Inps o dalle banche”. Adesso, però, la sentenza della Corte costituzionale potrebbe cambiare di molto il quadro.
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