Si accavallano le versioni sul caso della docente precaria di Trento reputata lesbica e per questo forse allontanata dalla scuola paritaria cattolica dove non le è stato rinnovato il contratto. L’ultima, in ordine cronologico, è quella dell’insegnante interessata: che ribatte alle spiegazioni della madre superiora dell’Istituto Sacro Cuore di Trento, che il 21 luglio ha spiegato ai media che i discorsi sull’orientamento sessuale della professoressa erano dettati da lamentale giunte da genitori, alunni e colleghi.
“Ritengo siano dichiarazioni false e fatte da una persona che non ha più argomentazioni”, ha replicato la docente precaria la mattina del 22 luglio, intervistata a Radio Anch’io. La supplente ha detto anche di non avere mai parlato di questioni di crescita o affettive, come invece aveva sostenuto la madre superiora. “Non l’ho mai fatto – ha spiegato la professoressa – perché non è pertinente alla disciplina che io insegno. In ogni caso in ogni scuola c’è un referente per l’educazione affettiva, che chiama degli esperti a parlare con gli alunni. E quando questi esperti arrivano gli insegnanti escono dall’aula”.
“E’ vero anche – ha ribadito l’insegnante – che la madre superiora mi ha suggerito di farmi curare, nella misura in cui mi ha detto che sarebbero passati sopra la mia omosessualità, se io fossi stata disposta a risolvere il problema”.
E ancora. “Non ho mai neanche pensato di fare proselitismo omosessuale. Mi sono sempre rivolta alla Direzione per le decisioni da prendere”, ha tenuto a dire la professoressa. Ha portato a questo proposito l’esempio del progetto ‘Educare alla diversità a scuola’. “La preside chiese a me e a un altro collega di prendere visione della documentazione e di riferirle – spiega – e le dissi che ritenevo quegli opuscoli anche ben fatti ma che potessero entrare in conflitto con quanto insegnato dalla scuola
, quindi che rimettevo a lei la mia decisione”.
“Questo perché io sono una dipendente – ha sottolineato – e rispondo a un datore di lavoro. Ma se devo rispondere a qualcuno è innanzitutto allo Stato, quindi se mi venisse chiesto di usare ad esempio termini da turpiloquio, come ‘invertiti’ per gli omosessuali, non lo farei”.