Un insegnante ha tutto il diritto di dire ad un alunno della sua classe che i suoi compiti assegnati a casa vanno fatti da soli, senza l’auto dei genitori.
E non importa se l’alunno ne risenta psicologicamente. È questo il senso della sentenza emessa dal Tribunale di Cagliari, che il 14 novembre ha fatto cadere le accuse nei confronti della maestra Giuseppina Pianu, finita a processo per aver detto ad un suo alunno dalla scuola primaria di Uta, in provincia di Cagliari, che le “consegne” didattiche a casa vanno svolte senza il supporto genitoriale. E chi non lo fa risulta meno autonomo degli altri.
Solo che il processo, a differenza di quel che sostenevano i genitori dell’alunno, ha dimostrato che l’insegnante non ha commesso il reato che gli era stato contestato: perchè il giudice – accogliendo la richiesta dei difensori – l’ha assolta con la formula più ampia dall’accusa di abuso dei mezzi di correzione.
l giudice monocratico Andrea Deidda – scrive l’Ansa – l’ha assolta con la formula più ampia. Difesa dagli avvocati Patrizio Rovelli e Antonella Sotgiu, l’insegnante era stata denunciata nel 2010 dai genitori dello scolaro. Il pubblico ministero Rossana Allieri, al termine della requisitoria, aveva sollecitato 6 mesi di reclusione, ma alla fine il giudice ha stabilito che non c’è stato alcun maltrattamento.
I genitori, costituitisi parte civile con l’avvocato Gian Mario Fattacciu, avevano accusato la maestra di aver denigrato il figlio davanti all’intera classe, mettendo in dubbio le sue capacità a. In altre parole, l’insegnante avrebbe sgridato il bambino ritenendo che i compiti non fossero stati svolti da lui stesso. Secondo la Procura, questo rimprovero avrebbe provocato nell’alunno un disturbo dell’adattamento con l’insorgere di ansia. Ma l’accusa, dinanzi ai giudici, non ha retto.
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