“Non sono fascista. La mia era una ricerca sociologica: volevo vedere quali erano le reazioni ad un argomento delicato come il fascismo”.
Si è giustificata così, A.P., la maestra della scuola primaria segnalata alla polizia postale dall’assessorato regionale all’istruzione dopo la condivisione, su Facebook, di un post dalla pagina “Grazie Dio sono fascista”.
L’intenzione della donna – che sostiene di non aver mai aderito ad alcun partito politico – era quella di capire quanto possono essere pericolosi i social network per i ragazzi: “Lavorando a scuola spieghiamo quanto può essere pericoloso rapportarsi con internet: questa ricerca sociologica era rivolta a questo”.
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La docente, residente a Rivarossa, piccolo Comune dell’alto Canavese, con il contratto scaduto lo scorso 30 giugno, si dice “stupita dalle reazioni suscitate da quel post”, anche se “la maggior parte delle persone sono state solidali e appoggiano la mia libertà di pensiero, anche nei confronti di argomenti che vengono oscurati”.
Sarebbe state lei, dopo polemiche suscitate dall’aver condiviso quel post, ad avere deciso, quindi in piena autonomia, di oscurare temporaneamente il proprio profilo Facebook.
Contro quel ‘post’ si era schiarato il Partito Democratico: “Viene naturale chiedersi se questa docente, quando si trova di fronte dei bambini di 10 anni, sia in grado di insegnare loro a distinguere la democrazia dalla dittatura fascista”. A difendere la donna, invece, è stata Forza Nuova.
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