Per lo più, la mafia narrata sugli schermi e nei romanzi alla Mario Puzo è uno stereotipo che per tirare ha bisogno sempre più di nuovi intrecci, pentiti e traditori, personale infedele e talpe occulte, assai distanti dal capitano Bellodi di Sciascia o da quella “Storia semplice” che scrisse poco prima di morire.
Storie per adulti comunque, per chi gli eventi malavitosi talvolta li subisce, e non solo in prima persona, ma anche alla lontana, nella vita di ogni giorno, nel quotidiano e a vario titolo.
E a questo proposito si dice sempre che per sconfiggere la mafia, non occorrono schiere di poliziotti, ma eserciti di maestri che nelle scuole, più che spiegare, diano esempi di legalità e giustizia, di coerenza e onestà. Perché ai ragazzi servono i sermoni, ma è l’esempio che li rende uomini e donne liberi, rispettosi del proprio e dell’altri bene e custodi della dignità.
Ebbene, se la lettura di un libro ha qualche valore ancora, questi esempi di giustizia e legalità, il piccolo Pietro, il protagonista dell’ultimo lavoro di Francesca La Mantia, “La Mia corsa. La mafia narrata ai bambini”, Gribaudo, li attinge del giudice Rocco Chinnici e del vicequestore di Palermo Ninni Cassarà, entrambi nel mirino degli esponenti mafiosi di Palermo, ma entrambi uomini coraggiosi, custodi della legge e dunque della Giustizia contro chi la vuole offendere. E verranno uccisi.
Illustrato da Matteo Mancini e con postfazione di don Luigi Ciotti, il racconto, adatto a ragazzi fino agli 11/12 anni, e dunque fra le ultime classi della primaria e le prime della secondaria di primo grado, è narrato in prima persona, come una sorta di diario, da Pietro, bambino palermitano del quartiere Ciaculli.
Siamo nei primi anni Ottanta del novecento, in piena guerra di mafia, e come tutti nel quartiere anche il Pietro è attratto dall’esempio del capobastone del luogo. Senonché, nel tentativo di sapere la fine che avesse fatto il padre, arrestato per furto, conosce non solo la squadra antimafia di Palermo, ma anche Chinnici e Cassarà, quest’ultimo ucciso nel feroce attentato proprio davanti ai suoi occhi.
L’interesse del libro sta però sul pertinente registro narrativo, sui suoi inattesi risvolti che alla fine inducono il ragazzo a fare la sua scelta di campo. Operazione non semplice, considerata la platea a cui è diretto, ma che risulta pertinente con l’evoluzione stessa della storia, la percezione degli eventi e il disegno complessivo dei giovani poliziotti, morti per fare il loro dovere.
Se nel corso del Risorgimento, tanti racconti per ragazzi avevano proprio loro per protagonisti, col fine di rilanciare l’idea di Nazione e di sacrificio per la Patria, ai nostri giorni, di fronte agli scempi dell’illegalità, un libro come questo di La Mantia si assume un compito importante, quello appunto di parlare ai ragazzi, con il linguaggio dei ragazzi, affinché l’Idea dello Stato delle Leggi e della Giustizia sociale prevalga su cui vuole sopraffarle.
Il libro, oltre alle illustrazioni di Matteo Mancini, e la Postfazione di Don Luigi Ciotti, contiene 3 appendici storiche: “I fatti”, “La squadra mobile” e “Gli altri personaggi”, utili ai bambini, ma anche come supporto agli insegnanti per descrivere meglio il periodo storico trattato nel volume.
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