La maggioranza degli statali non sono fannulloni

Si stanno sempre più colpendo con tutti gli strumenti propagandistici i lavoratori del pubblico impiego. La campagna comunicativa da tempo messa in atto per colpire gli impiegati pubblici sta aumentando, trasformandosi in un vero bombardamento mediatico.
E invece di parlare delle colpe di larga parte della politica, che ci sta portando lentamente a combattere una guerra che di fatto ci ha tolto la sicurezza quotidiana, che di fronte alla questione delle banche sceglie di stare dalla parte dei più forti a danno dei deboli, in questi giorni l’argomento preferito dai media è costituito dai dipendenti pubblici.

I lavoratori del pubblico impiego, infatti, sono di nuovo alla ribalta e lo sono occupando nei giornali, nei telegiornali, nei talk show e nei salotti televisivi spazi talmente ampi da instillare nell’opinione pubblica il convincimento che i problemi di cui sta parlando corrispondano ad un fenomeno di vasta scala, di per sé determinante per il futuro del Paese. Deve cessare l’atteggiamento di questo Governo, tutto teso a detronizzare il lavoro pubblico.
Sarebbe, invece, ora che il Presidente del Consiglio dei Ministri intervenisse per sanzionare l’assenteismo parlamentare e recedesse, altresì, dal suo abuso costituzionale, visto che in questo momento sta commettendo una infrazione, eludendo una sentenza della Consulta che prevede un serio rinnovo dei contratti pubblici. Ormai, il presunto “fannullonismo” dei dipendenti pubblici costituisce un cavallo di battaglia di Matteo Renzi, alla stregua di quello che recentemente aveva portato in sella l’ex Ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta il quale, cavalcando un’onda anomala e producendo un quadro distorto e fuorviante del mondo del lavoro pubblico, si era costruito un alibi pretestuoso per produrre una riforma devastante e priva di ogni logica, che ha mortificato e svilito la professionalità degli operatori del servizio pubblico, con conseguenze nefaste per i lavoratori e per la qualità dei servizi offerti al cittadino.

L’attuale Capo del Governo, Matteo Renzi, sta combattendo una battaglia personale e senza precedenti nella storia della Repubblica nei confronti dei lavoratori pubblici e di coloro che li rappresentano. Ritengo che questo atteggiamento miri allo smantellamento della Pubblica Amministrazione, alla compressione dei diritti, al dissesto del sistema pubblico che garantisce i servizi alla collettività: istruzione, legalità, giustizia, welfare, sicurezza e soccorso pubblico, in nome di interessi che intendono dirottare la macchina pubblica verso la strada della privatizzazione, accollando sulla collettività i costi di servizi che oggi vengono garantiti e assicurati gratuitamente e con la competenza di personale specializzato. Certamente episodi come quelli di Sanremo o di Salerno, riguardante alcuni dipendenti che hanno falsificato le loro presenze in ufficio, vengono utilizzati per colpire un’intera popolazione lavorativa. Le pecore nere vanno individuate e punite, però nei salotti televisivi regna il “Dagli all’untore!” nei confronti dei dipendenti pubblici ma nessuno parla di numeri. I dipendenti che per vari motivi sono finiti sotto accusa in tutta la Pubblica Amministrazione, lo abbiamo detto più volte e lo ribadiamo, non sono nemmeno l’un per cento dei lavoratori. E, se i comportamenti scorretti compiuti da pochissime persone diventano notizia da prima pagina offuscando il lavoro svolto quotidianamente dal rimanente novantanove per cento, vuol dire che dare risalto a certe situazioni paradossali, fa parte di un gioco sottile, sotteso ad avallare le scelte filo-governative poco propense al serio rinnovo dei contratti pubblici.

Purtroppo è una storia che si ripete! Ogni qualvolta si parla di rinnovi contrattuali, si scatena la pubblicità regresso del pubblico impiego. Giornali, web e televisioni iniziano il bombardamento mediatico sulle cattive abitudini del travet, con l’evidente intento di imprimere nell’immaginario collettivo la figura del dipendente pubblico disonesto e fannullone. Ovviamente si devono condannare, senza alcuna attenuante, tutti quei dipendenti truffaldini che hanno posto in essere comportamenti illegittimi, fraudolenti e disonesti. Ma, allo stesso modo non si deve consentire a nessuno che tali episodi incresciosi e deprecabili diventino lo specchio di una realtà enorme come quella della P.A., dove 3 milioni di persone quotidianamente assicurano i servizi alla collettività, nonostante siano senza contratto da sette anni, nonostante i tagli al salario accessorio, nonostante le norme penalizzanti che, grazie agli ultimi governi, regolano il rapporto di lavoro, nonostante le carenze di organico che le costringono a carichi di lavoro enormi, nonostante l’elevata età media. Eppure, nonostante tutto ciò, la macchina pubblica cammina e va avanti e noi vorremmo solo che, invece di imbastire queste manfrine, il Governo si impegnasse affinché, attraverso la tempestiva riapertura dei tavoli di contrattazione, si possa riavviare un confronto serio e costruttivo con le rappresentanze dei lavoratori, finalizzato al miglioramento del servizio pubblico ed all’innovazione.

Tantissimi lavoratori compiono responsabilmente la propria attività divenendo le prime vittime  di questo sistema, in quanto ingiustamente additati come appartenenti di una categoria di pigroni. Inoltre, i dipendenti pubblici italiani sono al 27°posto in Europa  per quanto riguarda  il totale di giorni di ferie/festività pubbliche di cui è possibile usufruire e agli ultimi posti per quanto riguarda l’ammontare degli stipendi! Di fatto, un impiegato pubblico, in media, guadagna circa 1.000/1.200 euro netti al mese e, a differenza dei politici, paga di tasca sua i mezzi pubblici e privati per andare al lavoro: una spesa che, spesso, può incidere pesantemente sugli stipendi. Meglio, allora, non limitarsi a mettere alla gogna mediatica chiunque, considerando tutti i dipendenti pubblici fannulloni.
Bisognerebbe, invece, sanzionare chi non svolge correttamente il proprio lavoro, dall’impiegato pubblico pigro al parlamentare che continua a godere di una serie di privilegi che, oltre ad essere ingiusti a priori, nell’Italia “in crisi” sono decisamente anacronistici. Abbiamo bisogno di una politica seria, che abbia veramente a cuore il destino del nostro Paese, che metta giù le mani dalla Pubblica Amministrazione

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