“La manovra del popolo”, aggiungo “per il popolo”, richiede tante risorse. Quindi non mi meraviglio se la scuola sarà chiamata a fare la sua parte. Le conseguenze.
Pochi giorni fa è stato aggiornato il Def 2019-21. Il documento definisce la “cornice”. Il dipinto, fatto di particolari, sarà proposto attraverso la legge di Bilancio (ottobre).
Quali sono i grandi numeri contenuti nel Def?
I quotidiani parlano di 27 miliardi di € in deficit su un totale di 40 miliardi. Serviranno a finanziare le riforme-spot del reddito di cittadinanza, della flat-tax e la modifica della sciagurata riforma Fornero.
Troppo presto per affermare che la scuola sarà chiamata a contribuire all’attuazione della “manovra del popolo”. Al momento è un’ipotesi, anche se, molto concreta.
Occorrerà attendere la legge di Bilancio 2019 e leggere i contenuti. Da qui si capirà “il peso politico” della scuola nel governo del cambiamento. In altri termini, si comprenderà se l’istruzione sarà considerata una risorsa da finanziare o un bancomat.
Se ci sarà il coinvolgimento della scuola, allora il probabile scenario-2019 sarà il seguente:
1) mancata conferma dell’elemento perequativo per gli stipendi più bassi;
2) slittamento “sine die” del nuovo contratto 2019-21 e quindi sconfessione della promessa di Luigi Di Maio di adeguare gli stipendi degli insegnanti alla media europea;
3) mantenimento delle classi pollaio. La loro abolizione ha un costo;
4) la sicurezza degli edifici scolastici dovrà fare affidamento unicamente sulle risorse già stanziate;
5) cancellazione del bonus merito e Carta docente.
Ovviamente l’elenco è molto più lungo.
Mi chiedo: quanto la scuola potrà andare avanti con il carburante sempre in riserva?
di Gianfranco Scialpi
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