Durante il convegno “L’insegnamento della matematica: criticità, nuove sfide, idee”, svolto giovedì 23 marzo all’Accademia dei Lincei a Roma, si è parlato a lungo dei limiti del sistema scolastico e delle cattiva impostazione di almeno una parte dei docenti che insegnano matematica (perché produrrebbero delle lezioni troppo incentrate su regole e procedure, poco su ragionamenti e concetti). Nessuno dei relatori, però, si è detto d’accordo con chi la reputa una “materia oscura”, “astratta” o addirittura “inutile” per la formazione degli studenti.
Dal vicepresidente dell’Accademia Giorgio Parisi sono arrivate anche delle proposte costruttive: in particolare, il Nobel per la Fisica ha detto che vi sono tutti i presupposti perché nelle scuole e nelle università si adotti un approccio più laboratoriale della matematica.
Secondo Giorgio Parisi, insegnare matematica oggi significa mettere a disposizione degli studenti “gli strumenti per capire quello che succede intorno, fare scelte consapevoli, rendersi conto dei problemi della società, che sono sempre più intrecciati a temi scientifici”.
Si è parlato anche, sempre durante il convegno ai Lincei, della sempre minore presenza della “bestia nera” delle discipline alla maturità: la sempre più scarsa presenza della matematica all’Esame di Stato conclusivo del secondo ciclo risulta, tra l’altro, in evidente controtendenza con quanto avviene negli altri Paesi.
Alcuni relatori non hanno usato giri di parole per dire che la matematica è quasi scomparsa nelle prove conclusive per gli allievi che non siano del liceo scientifico, mentre in molti Paesi Ue tutti fanno una prova di matematica agli esami finali del corso.
Un ultimo problema di cui si è parlato è stata anche la “griglia” utilizzata delle commissioni per la correzione degli elaborati di matematica all’Esame di Stato: anche questa sarebbe da rivedere, perché, è stato osservato, “permette estrema discrezionalità alle commissioni”.
Tra gli interventi, decisamente severo era stato quello di Rosetta Zan, dell’Associazione italiana di ricerca in didattica della matematica, che ha definito la matematica una materia oscura, astratta e inutile al di fuori della scuola, oltre che piena di regole da imparare a memoria.
È un modo di interpretare la matematica, ha detto Zan, “in maniera procedurale e non concettuale: c’è una rinuncia a ragionare e l’utilità della matematica viene identificata solo con l’immediata spendibilità delle conoscenze apprese“.
Spesso anche “la valutazione della matematica avviene in modo riduttivo e va a condizionare l’attività didattica, semplificando troppo la complessità che richiede questa materia”, ha concluso l’esperta.
“A volte – ha detto Samuele Antonini dell’Università di Firenze – l’insegnamento della matematica si riduce a una pratica di esercizi ripetitivi, che porta solo ad una conoscenza procedurale”. “Oppure – ha continuato Antonini – si punta ad esporre semplicemente le nozioni nell’illusione che lo studente le apprenda: un approccio che fa perdere il processo di costruzione di significato da parte dello studente”.