Ha destato molte reazioni avverse la notizia diffusa dall’Ansa alcuni giorni fa, commentata dalla Tecnica della Scuola, sul cosiddetto “metodo analogico”, utile soprattutto all’insegnamento della matematica ai bambini, in modo che l’amino anziché temerla, sul quale si è dibattuto a Milano, l’11 e 12 gennaio, nel corso di una due-giorni di formazione.
L’innovativo metodo, di cui lo scorso anno si occupò La Repubblica, è stato elaborato una ventina d’anni fa dal pedagogista e maestro Camillo Bortolato, poi condotto da Liana Baldan e Mariarosa Fornasier, docenti che sul tema hanno fatto ricerca e ragione di lavoro sul campo: costituisce un’alternativa al metodo logico, insegnando la matematica attraverso una sorta di apprendimento spontaneo che richiama la vita di tutti i giorni, attraverso l’uso del cellulare, del telecomando, del tablet, le immagini, le associazioni e la praticità”.
Contro questo genere di insegnamento si è posta l’Associazione Italiana di Ricerca in Didattica della Matematica, secondo la quale “l’insegnamento della matematica, soprattutto nel primo ciclo (ma non solo)”, deve “in primo luogo insegnare il gusto di chiedersi e del cercare il perché delle cose, il gusto di argomentare le proprie posizioni in maniera coerente e articolata, proprio come richiedono le Indicazioni Nazionali per l’insegnamento”.
“Il divertirsi ad imparare – continuano i componenti dell’Airdm – è una bellissima cosa, un obiettivo importantissimo, che però deve essere collegato agli obiettivi formativi legati all’insegnamento della disciplina. È qui che il metodo analogico presenta i problemi più grossi”.
Perché, sostengono i ricercatori in didattica della matematica, il metodo creato da Camillo Bortolato ridurrebbe “il ruolo formativo dell’educazione matematica a livello di scuola primaria e pre-primaria al (pur importante) far di conto. Un obiettivo molto limitato, che non solo contrasta con le Indicazioni Nazionali, ma anche con l’esperienza di tanti insegnanti di scuola dell’infanzia e primaria che portano avanti esperienze educative molto più complete riguardo alla matematica che il solo insegnare le tabelline”.
L’associazione di matematici condanna, infine, tale metodo perchè sarebbe “basato su tre aspetti, tra loro collegati, dal nostro punto di vista devastanti a livello educativo e lontanissimi dagli obiettivi fondamentali dell’apprendimento della matematica: l’abolizione delle spiegazioni, viste come un’inutile complicazione invece che l’educazione al voler sapere il perché delle cose in maniera a-gerarchica e all’imparare a difendere le proprie posizioni; l’attenzione focalizzata completamente sul risultato (il prodotto) piuttosto che sul processo di pensiero attivato per raggiungere un certo risultato; la costruzione di collegamenti puramente mnemonici basati su analogie senza nessun riferimento al concetto matematico”.
“Quest’ultimo punto è particolarmente importante, perché – conclude l’associazione – su questo è basata la percezione del successo del metodo: i bambini ricordano alcuni prodotti e danno le risposte giuste in processi meccanici”.
La Commissione Italiana per l’insegnamento della Matematica ha detto di condividere “pienamente tutti i dubbi manifestati” dei ricercatori dell’Airdm, dichiarando “la sua preoccupazione per i rischi associati a utilizzazioni acritiche del metodo per la formazione degli studenti”.
Con l’occasione, la Commissione ha detto di volere anche “promuovere un dibattito approfondito sulla necessità di dotare gli insegnanti di idonei strumenti critici per valutare qualsiasi proposta didattica”.
Tra i contrari al “metodo analogico” di insegnamento della matematica, ci sono anche diversi insegnanti.
Uno di questi è il professor Fabio Brunelli, di Firenze, che invia alla Tecnica della Scuola alcune osservazioni: “la prima – ci dice – è che la due giorni di formazione di Milano probabilmente non è stato un Convegno nazionale aperto a diversi contributi, ma una iniziativa di una casa editrice mirata a vendere i suoi prodotti”.
“La seconda osservazione è che la matematica è disciplina complessa, ben lontana dal ‘far di conto’ degli anni Cinquanta. Complesso è anche l’insegnamento della matematica, che non può appoggiarsi a un unico metodo. Il fatto che un prodotto ‘venda’, non è sufficiente garanzia di qualità”.
“Sul ‘metodo Bortolato’ – ricorda il professor Brunelli – lo scorso anno hanno espresso serie perplessità i docenti dell’Unione Matematica Italiana, ben più qualificati del sottoscritto, modesto insegnante da decenni appassionato di didattica della matematica”.
Riguardo all’opera dell’Invalsi, il docente reputa importante “distinguere tra la necessità di una valutazione esterna del sistema-scuola (che può permettersi di utilizzare quesiti a tempo) dalla pratica didattica di tutti i giorni, che deve prevedere attività problematiche coinvolgenti e tempi distesi”, conclude il docente di Matematica.
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