Attualità

La maturità va cambiata? Per 8 lettori su 10 sì: meno peso alle prove, stop burocrazia, più attualità e uso pc – Esiti SONDAGGIO

Gli esami di maturità, atto conclusivo delle scuole superiori per arrivare al diploma, potrebbero avere fatto il loro tempo: sostenerlo sono oltre 1.000 (l’83%) dei 1.300 lettori della Tecnica della Scuola che hanno partecipato ad un sondaggio proposto dalla testata giornalistica per verificare cosa ne pensino gli addetti ai lavori. Il dato arriva a seguito delle polemiche scaturite dai primi Esami di Stato tornati quest’anno alla “normalità” dopo il periodo pandemico: lo scorso 21 giugno è cominciata ufficialmente la maturità 2023, con la prima prova scritta d’italiano e in contemporanea abbiamo assistito a posizioni critiche verso questo genere di prove finali.

Diversi lettori hanno fatto osservare che le prove della maturità 2023, due scritti e il colloquio finale, non rappresentano più una valutazione adeguata al mondo che sta cambiando. Più di qualcuno ha detto che si tratta ormai quasi di un rito di passaggio, che va ri-tarato alle esigenze venutesi a creare con l’esplosione delle nuove tecnologie, dei social e dei nuovi modi di apprendere.

La maturità, tra nuove tecnologie e inclusività

Qualche giorno fa abbiamo riflettuto anche sulla capacità effettiva dei maturandi di scrivere, soprattutto usando carta e penna, gesto a cui sono sicuramente disabituati a causa dell’uso di smartphone e tablet. Le nuove tecnologie dovrebbero forse essere portatrici di modifiche nella struttura degli esami?

L’esame di maturità 2023, d’altronde, è stato il primo dall’esplosione di ChatGpt, lo strumento che sfrutta l’intelligenza artificiale per produrre testi in automatico. Un esperimento ha dimostrato che ChatGpt ha saputo svolgere tutte e sette le tracce di italiano della prima prova in solo mezz’ora, tranne due.

C’è poi la questione dell’inclusività, soprattutto per quanto riguarda il linguaggio. Come riporta La Repubblica, uno studente di un liceo romano ha usato, nel tema della prima prova alla maturità, la schwa, il simbolo grafico adottato dalla comunità non-binary, da chi non si riconosce né nel genere maschile né in quello femminile. Il ragazzo ha sfidato la commissione, consapevole che avrebbe potuto invalidare il proprio compito, in nome dei propri ideali. La sua scelta è stata apprezzata: lo studente ha ottenuto un voto di 17 su 20.

“Volevo dimostrare che utilizzare una forma di linguaggio che rappresenti tutti e tutte è possibile, anche durante una prova importante come l’esame di Stato. Sì, è stato anche un gesto di sfida, ma non verso la commissione, bensì verso il sistema scolastico e la società, è entrato nel mio modo di pensare e sarebbe complicato non utilizzarlo per esprimermi”, queste le sue parole.

Il gesto è stato lodato dalla Rete degli Studenti Medi, in cui lo studente milita: “Ha scelto di sfidare il sistema Scuola”, così recita un comunicato dell’associazione. Di fronte a un Governo e un Sistema che provano ad annullare ed eliminare la nostra identità, usare il linguaggio inclusivo nelle scuole è un gesto rivoluzionario, ancora di più se usato nel tema di maturità.

“Usare il linguaggio inclusivo è il primo passo per riconoscere e dare il giusto spazio a ogni soggettività. – dichiara Tullia Nargiso, coordinatrice della Rete degli Studenti Medi del Lazio – “Il ragazzo che ha scelto di usare la schwa nella prima prova di maturità è il segno che la società e i giovani hanno ormai fatto proprio il linguaggio inclusivo. È arrivato il momento che anche il Governo e la politica tutta inizino a riconoscerlo e promuoverlo nei luoghi del sapere, come primo passo per la costruzione di scuole inclusive”.

I risultati del sondaggio

I maturandi di oggi, e probabilmente anche quelli di domani, hanno sicuramente con una diversa sensibilità in materia di inclusività. La maturità dovrebbe accogliere queste istanze e adattarsi ai tempi, magari con nuovi metodi di valutazione e parametri che tengano conto di tutto ciò? Si tratta di un esame anacronistico?

La maturità dovrebbe cambiare: questa tendenza è confermata dall’83,3% dei partecipanti al sondaggio della Tecnica della Scuola, al quale hanno partecipato oltre 1.300 lettori, tra cui il 57% docenti, 23% genitori e 12,4% studenti.

Non sembra essere dello stesso avviso il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, che proprio oggi ha parlato con soddisfazione della maturità: “Per quello che mi riguarda il modello attualmente utilizzato non mi dispiace. Nelle tracce degli scritti non ci sono stati errori, le prove di italiano sono state generalmente apprezzate. La prova orale non è un’interrogazione disciplinare in senso stretto ma deve verificare se gli studenti hanno acquisito la capacità di fare collegamenti tra le materie, se hanno assimilato il significato di ciò che hanno studiato, se hanno acquisito un metodo, se hanno elaborato uno spirito critico. Alla fine faremo delle ulteriori riflessioni e valuteremo”, queste le parole del ministro.

Cosa si dovrebbe modificare e perché?

Ben 513 lettori, il 45,9%, hanno dato come motivazione della propria risposta il fatto che “si dovrebbe dare maggiore peso alla media dei voti di tutti e cinque gli anni delle superiori e ridurre al minimo l’incidenza delle prove d’esame finali”.

Secondo 346 partecipanti al sondaggio, pari al 31%, invece, “la prima prova dovrebbe essere preparata dalle singole commissioni anche per evitare che, come quest’anno, vengano proposti autori o argomenti non affrontati durante l’anno“.

Per 326 lettori, il 29,2%, la maturità “andrebbe semplificata al massimo riducendola solo ad una prova orale perché il percorso formativo di cinque anni non si può sintetizzare così”, mentre 313, il 28%, sostiene che “i ragazzi andrebbero valutati da una commissione solo interna”.

Dall’indagine sono emersi anche altri aspetti interessanti: in molti sostengono fermamente che l’esame di maturità andrebbe abolito, evidentemente ignorando che c’è un articolo della Costituzione che lo prevede.

C’è poi chi propone di dare maggiore potere alla singola commissione e agli alunni nella scelta delle materie.

Ma sono tantissimi i commenti arrivati. Ad esempio, un lettore crede che bisognerebbe usare la tecnologia agli esami: “Troppa burocrazia stile anni ’80, fuori dal mondo non usare la tecnologia all’esame in un mondo ipertecnologico, abolirei i fogli di protocollo, solo prove computer based”.

In molti credono che l’esame non dovrebbe dimostrare la mera conoscenza degli argomenti ma la “maturità” nell’affrontare argomenti di attualità in maniera critica, magari sulle orme del “debate”, così in voga nei paesi angloamericani: “Lo studente potrebbe esporre oralmente il suo percorso di 5 anni di crescita culturale e personale collegando a sua discrezione argomenti studiati con interesse, percorso alternanza scuola/lavoro, cittadinanza, difficoltà, soddisfazioni e progetti per il suo futuro a compimento di un percorso durato anni. La commissione dovrebbe solo ascoltare con attenzione e farne tesoro”.

“La conoscenza delle materie dovrebbe essere valutata nel corso dell’anno scolastico. All’esame di Stato andrebbe valutata la maturità di uno studente in base alla capacità di discutere di argomenti attuali o tematiche importanti senza basarsi su autori o programmi svolti, ma solo in base alla propria capacità di critica e di riflessione. Bisognerebbe parlare dei piani futuri e della crescita personale durante il percorso di studi. Altrimenti non ha senso parlare di ‘maturità’. Non bisognerebbe valutare conoscenze o competenze dello studente in sede d’esame dopo 5 anni e 5 scrutini finali ad attestare la propria preparazione scolastica. Bisognerebbe concentrarsi sul profilo psicologico e la forma mentis sviluppata nel corso del percorso scolastico”.

“I ragazzi potrebbero preparare un work, tesina, PowerPoint, mind map o altro, su argomenti a propria scelta tra quelli trattati a scuola, che lo hanno particolarmente interessato ed entusiasmato”.

“Andrebbe valutata la maturità dell’alunno in base alla capacità di argomentare temi di attualità e trovarne in alcuni casi possibili soluzioni, sulla base di studi pregressi”.

Alcuni credono che bisognerebbe prendere ispirazione dagli altri Paesi, dando maggiore attenzione alla preparazione linguistica: “Prove invalsi oggettive, certificazioni linguistiche, orale veloce con 2/3 materie. Così come in Nord Europa”.

“Il fatto che un quinto del mio voto dipenda da una materia a caso è ridicolo”, ha detto uno studente.

Precisiamo che l’indagine è stata realizzata dalla testata giornalistica “La Tecnica della Scuola” nel periodo che va dal 23 al 27 giugno 2023. Hanno partecipato 1.311 soggetti. Il sondaggio non ha carattere di scientificità: i risultati derivano da conteggi automatici.

Laura Bombaci

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