Da sempre il momento della refezione scolastica è stato considerato come un “momento educativo”, lezione teorico-pratica di galateo, buone maniere, convivenza civile, socializzazione, condivisione, senso di gruppo.
Tutti valori condensati nel breve tempo che ragazzi e docenti trascorrono in sala mensa, momento didattico ricco di molteplici aspetti educativi e di forte valenza formativa.
“Stare insieme”, “Star bene insieme” è uno dei traguardi formativi della scuola e nella sala mensa tutto ciò avviene, specie se viene consumato un pasto comune secondo la formula antica di “quel che passa il convento, nel rispetto della tabella dietetica.
Non è certamente bello assistere ad un momento mensa in cui ciascuno si estranea o si isola con il proprio cibo, ricco, condito, profumato per alcuni, con dolce e Coca Cola e un semplice panino “schitto” o con la mortadella, e con una bottiglietta d’acqua naturale .
Dov’è il senso dello stare insieme?
I giudici di Torino il 22 giugno hanno legittimato il panino e la merenda-fai-da-te, considerando un ricatto la mensa comunale, che i genitori non accettavano per la qualità e per i costi ritenuti esorbitanti.
Una sentenza che arriva dopo una battaglia di anni, vero e tenace braccio di ferro che raccoglie solo adesso i primi frutti dopo che il Tar ha espresso parere opposto, dando ragione ai 58 genitori ricorrenti che chiedono di lasciare a scuola i figli con il pasto portato da casa.
Si legge inoltre che il MIUR è stato condannato a pagare le spese legali del ricorso.
Si controllino e si riducano i costi, venendo incontro alle famiglie meno abbienti, ma la refezione è un momento scolastico e quindi uguale per tutti, senza differenze.
Certamente le tipologie particolari di celiachia o altro vengono rispettate e garantite, ma non è certamente bello che anche per i piccoli della scuola dell’infanzia vengano riscaldati i cibi portati da casa.
La merenda è libera, ma il pranzo a scuola deve essere comune, rispettando la tabella dietetica e tutte le norme sanitarie della refezione a scuola.
E’ questa una prima grossa grana inter-istituzionale dell’anno che cade sulla testa dei Dirigenti scolastici, alcuni dei quali dichiarano a gran voce di non volersi adeguare e minacciano anche di adire le vie legali (sic!).
Rimangono problemi aperti: come poter assicurar la prevenzione collettiva, non potendo investigare sulla pluralità e la qualità delle varie merende portate da casa dagli alunni e/o acquistate al bar e nei supermercati.
Ci sarà uno spazio mensa dedicato ai fruitori dei pasti comunali? Ci sarà separazione fisica tra gli alunni in ambienti igienicamente adeguati? Tutto ciò si chiama “comunità scolastica”?
Come fanno i giudici a sentenziare senza capire la realtà e le conseguenze delle loro sentenze?
I principi di libertà e il diritto allo studio va garantito per tutti ed è bene togliere gli ostacoli e non metterne altri.
Nelle scuole a tempo pieno o prolungato il servizio di refezione scolastico è un diritto-dovere ed anche eventuale contribuzione integrativa va effettuata con saggezza e attenzione.
Abbiamo fatto tante battaglie per ottenere e garantire un servizio decoroso e attento alle esigenze dei ragazzi e non si può restare impigliati tra le spire delle gare, delle delibere e delle sentenze.
Abbiamo inventato con la generosità dei benefattori, “Amici della scuola” anche la Borsa di studio-Buono pasto per alcuni studenti particolarmente bisognosi.
Sembra che adesso il Ministero non assicuri il rimborso delle spese pasto per i docenti, i quali dovranno pagare la quota pasto, pur svolgendo un lavoro specifico in orario di servizio.
Tutto ciò non è bello e non è corretto.
La buona scuola non può essere “buona” solo di nome.