Benissimo, scrive il professore, “da insegnante è quello che mi auguro, perché, magari, se qualcuno cominciasse a valutare i “learning objects” che ho prodotto sinora (disponibili e accessibili a tutti sul sito del liceo dove insegno da otto anni), il mio curriculum vitae (studi, esperienze formative all’estero, borse di studio, dottorato di ricerca etc) e, più in generale, il metodo didattico con cui mi sforzo ogni santo giorno di interagire con i digital natives sempre più restii e insofferenti alla classica lezione frontale, forse, potrei sperare nella restituzione dei famosi scatti di anzianità che la signora Gelmini e il signor Tremonti hanno indebitamente sottratto dal 2009 a me e a tutti gli altri colleghi, o quantomeno nel riconoscimento effettivo del mio lavoro”.
“E tutto questo puntualmente non accade, perché la vera meritocrazia, tanto invocata e parimenti disattesa, nella scuola italiana non esiste; l’unico criterio di avanzamento di carriera, o meglio di graduatoria, è l’anagrafe: più sei maturo (forse più saggio ed esperto), più avanzi nella scala dei meriti. E se porti novità, se provi a dialogare con i giovani usando il digitale, sei un folle, uno “smanettone” o un povero illuso. Voce di uno che grida nel deserto… Grazie per l’attenzione”.
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