Quando la sera del 4 marzo il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e la Ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, annunciarono in diretta TV che l’indomani (5 marzo) le attività didattiche erano state sospese a causa del coronavirus, un senso di smarrimento e di angoscia profonda invase il mio animo.
L’indomani non avrei più rivisto i miei alunni, non sarei più andato nelle aule a fare lezione, a sentire il loro chiasso, i loro incitamenti caratteristici della loro adolescenza. Un senso di vuoto, di impotenza, misto a speranza e coraggio ad andare avanti nonostante tutto. L’unica strada restava la didattica a distanza, un’esperienza d’insegnamento nuova, originale, mai sperimentata prima. Mi sono messo subito all’opera, prima col registro elettronico dove assegnavo i compiti, poi con la registrazione vocale della lezione su whatsapp per poi passare alle video lezioni sulla piattaforma digitale Che bello: avrei rivisto i miei alunni, nonostante fossero al di là del monitor, ma li avrei rivisti comunque.
Le prime video lezioni sono state “palestre di vita” perché sostenevo, incoraggiavo i miei alunni, chiusi in casa, a sperare ad avere fiducia perché sarebbe finito presto. Poi sono passato alle spiegazioni degli argomenti, in maniera semplice, senza affaticarli, perché già provati da questa dura esperienza. Ho fatto lunghe chiacchierate con i miei alunni in video conferenza, ascoltato i loro problemi, le loro ansie, le loro preoccupazioni e le lezioni erano davvero piacevoli e leggere. Certo la didattica a distanza non è la didattica in presenza.
È una didattica asettica, priva di quelle emozioni che soltanto il contatto umano può regalare, ma per questo periodo di grave emergenza sanitaria, andava bene così. E poi c’erano problemi di collegamento: alunni che non riuscivano a collegarsi alla piattaforma, che abbandonavano la video lezione. Ma io li incoraggiavo sempre ad insistere, a continuare sempre quel filo, mai interrotto, di comunicazione. Purtroppo ho dovuto rimodulare la mia progettazione disciplinare, ridurre i contenuti, ma ho trasformato le lezioni virtuali, in momenti di condivisione e di riflessione collettiva al di là dei contenuti. E qui ho trovato il sostegno della mia dirigente scolastica e dei miei colleghi con i quali mi sono organizzato per avviare un percorso univoco di didattica a distanza. Non è stato proprio facile. Tuttavia devo dire che non sono mancati momenti difficili per i comportamenti di alunni che ritenevano la didattica a distanza un gioco, un passatempo: ho visto alunni che durante le lezioni in presenza erano assidui e che poi con la didattica a distanza latitavano.
Mi è dispiaciuto molto, ma non mi sono arreso. Li ho spronati, a volte in modo risoluto perché si collegassero tutti e assumessero comportamenti corretti. Devo dire che la didattica a distanza si è rivelato uno strumento utilissimo per proseguire l’attività didattica, ma nulla può sostituire la didattica in presenza. Spero che a settembre si possa ritornare in classe per vivere nuove ed entusiasmanti esperienze, ovviamente del tutto rinnovate nei modi e nelle azioni.
Mario Bocola