E così la ministra Giannini tira le orecchie anche a Matteo Renzi, premier e segretario del Pd, in perfetto stile da maestra, sulla riforma del senato: “E’ un po’ inconsueto che sia il governo a presentare un ddl su questo tema. Serve che il parlamento ne discuta per ritoccare e migliorare alcuni aspetti. Qualche momento di riflessione e maturazione in più.”
Ma la ministra ama pure il tono ironico a quanto si legge nelle agenzie, dentro cui però scarica minacce velate: “Anche se non credo che il verbo ‘aspettare’ appartenga al vocabolario del presidente del Consiglio che ha fatto della rapidità, oltre che dell’efficacia, la chiave del successo di questa fase politica e su cui noi lo seguiamo. Ma se il metodo diventa anche l’obiettivo può rivelarsi pericoloso”.
Giannini ha allora invitato (?) il premier a “non farne una questione di calendario: meglio non confondere l’irrinunciabile dibattito parlamentare con la manfrina di chi non vuole cambiare le cose. Il premier non cada nella trappola di chi fa finta che tutto cambi perché nulla cambi”.
E con questa citazione gattopardesca, ha dato il benservito a Matteo Renzi, inerpicandosi sulle citazioni letterarie e su concetti equivoci come velocità e bizantinismi, camaleontico e forse pure machiavellico.