Home I lettori ci scrivono La mistificazione della realtà e i diritti perduti

La mistificazione della realtà e i diritti perduti

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Da tre anni, tre ‘lunghissimi’ anni per molti precari, l’opinione pubblica e’ bombardata da storie strappalacrime di docenti svelti, estirpati a forza da entità oscure e costretti ad andare a lavorare a “nord” fra animali feroci e ambienti infernali.
La legge 107 c.d. Buona Scuola viene impropriamente associata alle leggi razziali o ai romanzi di J.K. Rowling.
Docenti che si definiscono “deportati”, “esiliati”, “nastrini” e che all’opinione pubblica si presentano come un movimento che ha subito le stesse sofferenze patite dall’uomo durante la deportazione babilonese o quelle di cui si e’ macchiata l’Europa lo scorso secolo.
Vale la pena, qui, ricordare, come memorandum, la definizione stessa di ‘deportazione’:
La deportazione è il trasferimento coattivo di un individuo o un gruppo di individui poi obbligati a risiedere in un luogo diverso dal proprio, dove vi vengono condotti con la forza (Wikipedia).
oppure
deportazióne s. f. [dal lat. deportatio -onis, attraverso il fr. déportation; v. deportare]. – Pena mediante la quale il condannato viene privato dei diritti civili e politici, allontanato dal luogo del commesso reato o di residenza e relegato in un territorio lontano dalla madrepatria: condannare alla d.; le d. in Siberia, nelle colonie penali; colonia di deportazione. Per estens.: trasporto di un condannato in luogo di pena fuori dei confini della madrepatria; trasferimento coatto di gruppi di condannati politici o di minoranze civili invise o sospette in campi di lavoro o di concentramento: le d. di massa o in massa operate dai nazisti. (Treccani).
Il lettore meno attento e informato capirà subito che taluni soggetti che utilizzano queste definizioni sono, senza dubbio, fuori di senno o maliziosamente colpevoli di aver mentito.
Gravissimo, poi, che in uno Stato di diritto (o Repubblica democratica) persino larga parte della politica e dei sindacati abbiano sostenuto e, ahimè, continuino a sostenere, i diritti di taluni soggetti che non solo hanno sottoposto domanda VOLONTARIA di assunzione su 100 Provincie ma che hanno persino goduto di deroghe alla Legge stessa, favorendone i sottoscrittori e ledendo inesorabilmente i diritti di chi la famosa domanda non la sottopose.
Ma perché una parte dei docenti non fece domanda?
Perché aveva famiglia, congiunti ammalati o disabili, equilibri familiari instabili…motivazioni che, ahimè successivamente, hanno addotto anche i “deportati” e per i quali la macchina viscida dei sindacati si e’ sempre mossa a difesa.
Poverini, si sono accorti, solo dopo aver firmato, di avere gli stessi problemi di chi più alto in graduatoria ha preferito (fidandosi dello Stato) rimanere ad aspettare il turno secondo una graduatoria che nel sistema di reclutamento italiano esprime anzianità di servizio e livello di formazione culturale.
Per i precari sono stati tre anni (dall’agosto 2015) di vero calvario con contratti sulla mobilità stravolti, assegnazioni provvisorie selvagge che hanno eroso i posti che prima, annualmente, andavano ad occupare o peggio i posti di ruolo a cui, negli anni prima della Legge107, potevano aspirare.
Un periodo molto delicato in cui i precari delle GaE hanno subito ingiustizie indegne di un paese civile.
Sono passati tre anni, tre anni di accordi sottobanco, tre anni di deroghe, tre anni infernali e siamo giunti a maggio 2018, mese in cui sembra ufficialmente nata la Terza Repubblica.
Cosa avrà di diverso la Terza Repubblica rispetto alla Seconda?
La speranza e’ che il costituendo Governo, guidato da Lega e M5S, sotterrando le promesse elettorali, si ponga come obbiettivo il ripristino della legalità e dell’equità’ sociale.
Si avverte un enorme bisogno di giustizia, di serenità, di fiducia verso le istituzioni e verso una classe politica troppo spesso legata agli interessi di pochi.
I docenti delle GaE hanno bisogno che lo Stato si ricordi di loro.
Richieste banali, le nostre, che potrebbero però risollevare le sorti di intere famiglie.
I numeri delle consistenze delle GaE sarebbero gestibili se solo si attuasse un piano programmato di assunzioni. Nulla di “straordinario” o “forzoso”.
Ovviamente ci sono differenze numeriche importanti fra i vari ordini: mentre per lo svuotamento delle GaE di Scuola Secondaria un piano biennale sarebbe di facile attuazione, per altri ordini il percorso sarà più lungo.
Un vecchio adagio recita: “Chi ben comincia e’ a metà dell’opera”.
Avrà, questo Governo, la lungimiranza e la sensibilità per affrontare l’esaurimento “vero” delle graduatorie ad esaurimento in essere?
Avrà, questo Governo, il coraggio di rendere giustizia a chi ha subito?
Avrà, questo Governo, la forza di invertire la rotta dei Governi degli ultimi 20 anni ed investire in cultura e tecnologia?
La speranza è l’ultima a morire.
Marco Saglimbene