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La mobilità transnazionale dei docenti in Europa: ricerca Eurydice

Questo è tanto più evidente se si pensa ai numerosi documenti sul tema elaborati e presentati dalla Commissione, dal Parlamento e dal Consiglio dell’Unione Europea già a partire dagli anni ’90.

“Gli insegnanti per una scuola del XXI secolo, orientati a preparare i giovani alla cittadinanzain una società composita e mobile, multietnica e multiculturale, europea e globale, devono poter avere esperienze formative e di crescita professionale che li portano a contatto diretto con altre visioni del mondo educativo, altri modi di fare scuola, altre lingue e culture, altri colleghi e altri alunni, e lo devono poter fare come parte del loro processo di formazione:questo è quanto l’Unione Europea raccomanda”.
Ma, a fronte di una legislazione comunitaria particolarmente attenta alla tematica, al momento le legislazioni nazionali non sembrano aver ancora sufficientemente recepito le capacità innovative e le potenzialità della mobilità transnazionale, sia per lo sviluppo professionale dei partecipanti alla formazione, sia per il sistema educativo nel suo complesso.
La ricerca “La mobilità nella formazione dei docenti in Europa”, commissionata dalla Direzione Generale per gli Affari Internazionali del MIUR all’Unità italiana di Eurydice e all’Ufficio Comenius dell’Agenzia LLP, propone un’analisi comparativa a livello europeo volta a verificare quanto queste indicazioni comunitarie siano state recepite a livello dei singoli paesi membri, con una particolare attenzione alla situazione in Italia.
Aspetti nodali della questione attengono al riconoscimento del periodo di formazione all’estero e ai sistemi adottati dai paesi per la rimozione dei principali ostacoli alla mobilità.
La ricerca ha condotto a dei risultati decisamente interessanti che dovrebbero far riflettere i Governi e spingerli ad intervenire in maniera più efficace per favorire la mobilità dei docenti, elemento essenziale per la nuova società del sapere e per la promozione della formazione permanente.
In generale, si è riscontrata, soprattutto nel corso degli ultimi dieci anni, una crescente motivazione verso la mobilità transnazionale nei docenti in servizio e in formazione iniziale, incoraggiata anche da tutta una serie di documenti della Commissione Europea che hanno contribuito a far sì che un numero sempre crescente di insegnanti abbia usufruito delle opportunità di mobilità (come evidenziano anche i dati relativi alla mobilità Comenius), invitando gli Stati membri a rimuovere gli ostacoli alla mobilità e ad adottare misure per favorire la mobilità degli insegnanti, tramite meccanismi di supplenza, facilitazioni per l’integrazione nell’istituto ospitante, introduzione di una dimensione europea nell’ambito professionale, riconoscimento della mobilità come uno degli elementi della progressione di carriera.
I progressi, è innegabile, sono stati notevoli, ma c’è ancora tanto da fare, affinché la professione docente diventi effettivamente una professione a carattere mobile, così come sancito dalla Comunicazione del 2007 della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio.
Infatti, a livello dei singoli Stati, emerge una generale mancanza di strategie nazionali sulla mobilità, che continua ad essere l’eccezione, piuttosto che la regola. La mobilità è certamente considerata un’opportunità nella formazione dei docenti, ma non è mai obbligatoria; ed, inoltre si rivolge prevalentemente ai docenti di lingue straniere.
Sono anche poche le opportunità di mobilità offerte. Fatta eccezione, infatti, che per il programma Comenius e pochi altri accordi internazionali, il tutto è lasciato alla libera iniziativa delle autorità responsabili a livello nazionale, regionale o di singola istituzione scolastica, che decidono anche la tipologia della formazione all’estero.
Altro elemento “ostacolante” è sicuramente il non riconoscimento, a livello nazionale, del periodo di formazione all’estero, lasciato, invece, all’autonomia dei singoli istituti.Senza considerare l’esiguità delle risorse finanziare, i problemi linguistici e le difficoltà nella sostituzione dell’insegnante assente.
A livello italiano sono state evidenziate diverse criticità, che attengono principalmente alla mancanza,nella normativa italiana e nel Ccnl Scuola, di disposizioni specifiche per la regolamentazione della mobilità dei docenti.
La mobilità, sia nella formazione iniziale, sia in servizio, ha un ruolo ancora marginale ed emergono, inoltre, difficoltà nella condivisione delle esperienze individuali di formazione all’estero.
Sono comunque innegabili gli aspetti positivi di un periodo di formazione all’estero: un miglioramento delle competenze professionali e personali, oltre che delle abilità linguistiche e della conoscenza della cultura del paese ospitante.
I docenti dovrebbero essere incoraggiati a trascorrere periodi di mobilità all’estero per motivi di sviluppo professionale e, pertanto, godere di uno status giuridico riconosciuto nei paesi ospitanti. Le attività svolte dovrebbero, inoltre, essere riconosciute e valutate dalle autorità educative dei Paesi di provenienza.
Lara La Gatta

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