Secondo il World Happiness Report, la classifica che ogni anno viene rilasciata il 20 marzo Giornata internazionale della Felicità presso le Nationi Unite (con il sostegno italiano della Fondazione Ernesto Illy), quest’anno è la Norvegia al primo posto, superando la Danimarca, a lungo paese più felice del mondo. Seguono Islanda e Svizzera. Gli Stati Uniti sono al 14° posto, l’Italia al 48° dopo l’Uzbekistan e prima della Russia.
Tutti i primi quattro paesi risultano al top per l’insieme di fattori che sono usati come ‘misuratore’: la cura della comunità, la libertà, la generosità nelle donazioni, l’onestà, la salute, il reddito e il buon governo.
In particolare la Norvegia vince perché le politiche ambientali sono diventate la pratica d’eccellenza di questo paese, scegliendo di produrre il petrolio, di cui è ricca, in un certo modo (con estrazioni lente) e investire il ricavato di questa ricchezza per il futuro, piuttosto che per l’immediato.
La Norvegia, sostiene il World Happiness Report, è unito in questa politica, coeso nella fiducia al governo, con cittadini fiduciosi nell’operato dell’amministrazione, uniti nell’impegno civico, tutti fattori che contribuiscono a mantenere il Paese tra i migliori nella classifica della felicità
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Tutte le altre Nazioni nella top ten hanno anche valori elevati in tutte e sei le variabili chiave utilizzate per spiegare le differenze tra i paesi su questo tema: il rapporto tempo libero/reddito, l’aspettativa di vita in buona salute, l’assistenza di qualcuno su cui contare nei momenti di guai, la generosità, la libertà e la fiducia, quest’ultima misurata con l’assenza di corruzione tra imprese e Governo.
La felicità è insieme qualcosa di sociale e personale e non è legata al prodotto interno lordo, alla ricchezza economica di un Paese, tanto è vero che nel report si legge che in Cina non sono più felici di 25 anni fa, che gran parte dell’Africa sta migliorando lottando strenuamente per le sue condizioni di ‘felicità’ e che negli Stati Uniti d’America la felicità sta crollando.
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