La nostra scuola quotidiana? Ingarbugliata e spesso farraginosa, portatrice di contraddizioni e ancora ferma a certe matrici culturali che non riescono a innovarsi. E allora si interviene sul quotidiano piuttosto che sul futuro, usando, come diceva l’ex ministro Beppe Fioroni, cacciavite e pinza, evitando riforme robuste, ben sapendo che il sistema fa acqua da troppe falle.
E dunque che fare? Dove e come intervenire?
A queste fondamentali domande, e non solo, risponde con lucida analisi e scientifica visione dell’universo della scuola italiana, Gianluca Argentin, ricercatore presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano Bicocca, nel suo libro, “Nostra scuola quotidiana. Il cambiamento necessario”, il Mulino, 168 pp, 12.00 euro.
A cominciare dalla struttura del sistema scuola a finire coi risultati degli studenti, che spesso risentono delle differenze sociali ed economiche e quindi svilendo per certi versi il ruolo dell’istruzione che dovrebbe tendere all’equità e alle pari opportunità.
Spiega infatti l’autore, sulla base di dati e bibliografie attentamente vagliate, che solo il 30% del successo scolastico può attribuirsi alla istituzione, mentre il restante 50% deriva dalla provenienza familiare.
Un dato questo che induce a riflettere e a interrogarsi anche sulla funzione docente, sulle motivazioni che spingono a scegliere questo mestiere, le difficoltà che si incontrano nei rapporti coi ragazzi e anche con la dirigenza dopo l’autonomia. L’insegnante inoltre come perno su cui tutta la scuola italiana gira. Un bravo maestro, nella sua accezione pedagogica, competente e carismatico, sapiente e preparato riuscirà a coinvolgere la classe, lasciando anche il segno del suo passaggio e informando della sua docenza anche gli anni avvenire dei suoi allievi.
Anche su questo versante Argentin non tralascia nulla nella sua disamina, senza incolpare ma spiegando con lucida analisi i punti deboli del nostro sistema di reclutamento, troppo spesso imbrigliato dentro meccanismi ignavi che hanno preferito l’accumularsi di precariato, piuttosto che procedere con concorsi o abilitazioni mirate.
Diviso in cinque capitoli, il libro, che si legge con facile progresso grazie a una prosa agevole e felice, affronta anche la dimensione sociale della nostra scuola e i processi politici e culturali che innesca, essendo appunto parte determinate del sistema, con le sue contraddizioni e le sue positività, laddove esse si evidenziano.
E c’è pure una sezione dedicata ai risultati del sistema scolastico italiano, sulla base delle evidenze scientifiche o empiriche a disposizione degli studiosi e no, molti dei quali leggono i rapporti spesso come se si trattasse di vaticini inconfutabili, mentre in vero avrebbero bisogno di approfondimenti rigorosi e soprattutto meno approssimativi o addirittura dogmatiche. Da qui parte una accurata analisi dei testi Ocse-Pisa ritenuti troppo spesso, appunto, come una sorta bibbia su cui poi imbastire riflessioni talvolta anche azzardate.
Un testo, quello di Argentin, ricco anche di tabelle e confronti, su tutta la intricata materia della scuola, sugli equilibri che ogni giorno la mantengono in vita anche in tempo di pandemia e anche in periodi di crisi politiche, economiche e sociali. Una struttura che si poggia su una routine consolidata nel tempo, ma che urge tuttavia “un cambiamento necessario” e non già su dati empirici ma su scienza e coscienza, visto pure che la politica, ad ogni cambio di Governo, ha inteso dire la sua come se la scuola non fosse di tutti e non veleggiasse oltre i partiti e la loro partigiana visione del mondo.
Da leggere certamente da parte dei docenti, ma anche della famiglie, e pure da studiare, approfittando della mole di dati che Argentin mette a disposizione dei lettori.