Il cosiddetto decreto “salva infrazioni”, pomposamente annunciato dal Ministero come una disposizione “di favore” per i dipendenti, reca in realtà delle norme gravemente peggiorative per i docenti che saranno immessi in ruolo già dal prossimo 1° settembre.
Com’è noto, la legge n. 124/1999 all’art. 11, comma 14 prevede che il servizio di insegnamento non di ruolo prestato a decorrere dall’anno scolastico 1974-1975 è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale.
Non solo i servizi di almeno 180 giorni non verranno più considerati ai fini della ricostruzione carriera come servizi annuali, ma neppure quelli con contratto fino al 30 giugno.
Dunque, col pretesto di ottemperare alle decisioni della Corte Europea (che aveva invece imposto allo stato italiano di non operare la penalizzazione delle riduzione di un terzodei servizi preruolo oltre il quarto anno), il Governo Meloni ha predisposto una polpetta avvelenata per i precari della scuola, fra la disattenzione generale dell’opinione pubblica e degli stessi docenti.
Oltre tutto, le nuove disposizioni – destinate a diventare operative dal 1° settembre- nulla prevedono in tema di disciplina transitoria.
Per intendersi, chi ha prestato servizio come precario in questi anni, lo ha fatto sulla base della disciplina attualmente in vigore, che prevede appunto l’equiparazione del servizio a quello annuale.
Le nuove disposizioni intervengono a gamba tesa sulla materia, applicandosi retroattivamente a servizi resi in forza di una normativa più favorevole.
Sempre la legge n. 124/1999 all’art.4, comma 2, dispone:
“ Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell’anno scolastico si provvede mediante il conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche” (30 giugno).
Nell’accezione comune, col termine “supplente” s’intende qualcuno che sostituisce un titolare e, nel caso specifico della scuola, il supplente è quel docente che presta servizio temporaneo in luogo di un docente titolare assente.
In realtà, la stragrande maggioranza delle “supplenze” fino al 30 giugno riguarda cattedre prive di titolare per le quali il termine finale è fissato al 30 giugno (piuttosto che al 31 agosto) solo perché la cattedra non è prevista in organico “di diritto”, ma in organico “di fatto”.
Le varie leggi in campo scolastico si sono concentrate con particolare accanimento nei tagli del personale, stabilendo dei tetti alle assunzioni (indipendentemente dalla vacanza dei posti).
Poiché l’organico assegnato ex lege al Ministero non è sufficiente a ricoprire tutti i posti necessari, è stato escogitato il sotterfugio di stabilire un organico “di diritto, per poi adeguarlo alla situazione di fatto.
In pratica, il Ministero con l’organico “di diritto” predispone una formazione di soli 10 calciatori, assumendo i giocatori mancanti all’inizio della partita, al fine di completare la squadra, con il c.d. “organico di fatto”.
Tali “giocatori-docenti” non vanno a sostituire il titolare, ma costituiscono né più né meno quel numero di docenti indispensabili affinchè gli alunni possano avere tutti i loro insegnanti (la squadra al completo).
Nonostante l’evidente scollamento dalla situazione reale che si determina col “doppio organico”, finora i docenti precari hanno sopportato – di malavoglia – questa ingiustizia, arrangiandosi con la NaspI per i mesi estivi.
La stretta disposta dal Governo con le nuove disposizioni rischia di gettare benzina sul fuoco, alimentando un nuovo contenzioso di carattere nazionale.
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