Commentando il provvedimento varato dal Governo per contenere il fenomeno dei “furbetti del cartellino” Renzi dice che “la pacchia è finita”.
Francamente c’è da chiedersi a quale pacchia si riferisca il Presidente del Consiglio perchè -a dire il vero – le disposizioni già in vigore non sembrano particolarmente “pacchiose”.
Poiché per chi fa il furbo non c’è oggi nessun trattamento di favore è probabile che Renzi si voglia riferire alla pacchia che talora vige nell’apparato burocratico della pubblica amministrazione che trova più comodo tollerare anzichè perseguire con rigore e severità comportamenti che sono contrari a qualunque regola contrattuale.
Forse va ricordato che le sanzioni già oggi previste sono pesanti.
L’articolo 69 del decreto Brunetta n. 150/09 prevede infatti il licenziamento senza preavviso per “falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalita’ fraudolente”.
Non solo, ma la stessa legge stabilisce che tale comportamento integri anche una responsabilità di tipo penale sanzionabile con la reclusione da uno a 5 anni.
Se dopo il 2009 tali regole non sono state applicate non è per colpa dei “furbetti del cartellino” ma, quasi certamente, per responsabilità della pubblica amministrazione che, per mille motivi, ha trovato più comodo e più semplice “chiudere un occhio”.
Ma la situazione ha forse anche un’altra spiegazione, più squisitamente politica: ammettere che già oggi esistono norme che consentirebbero di perseguire i “furbetti del cartellino” significherebbe ammettere esplicitamente che il decreto Brunetta è più che sufficiente per evitare comportamenti illegali. Ed è del tutto evidente che l’attuale Governo non può limitarsi a prendere atto che basterebbe applicare le norme dell’ “odioso e odiato” decreto 150 per sanzionare chi truffa lo Stato e magari i suoi stessi colleghi di lavoro, costretti a lavorare anche per chi va a fare la spesa dopo aver timbrato il cartellino.
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