Con un ampio intervento pubblicato proprio oggi nel sito della Associazione, il presidente di Proteo Fare Sapere Dario Missaglia, per molti anni segretario nazionale della Cgil-Scuola, propone un’analisi impietosa di ciò che è accaduto, di ciò che sta accadendo e di cosa potrebbe accadere nella scuola colpita dalla pandemia.
“Nei mesi che vanno da marzo a giugno 2020 – osserva Missaglia – la risposta spontanea di migliaia di docenti, che in qualche modo hanno tentato di ridurre il distanziamento e di fare sentire la propria vicinanza a genitori e studenti, è stata sorprendente. Difficile valutarne la qualità didattica, ma l’impatto educativo, emotivo, relazionale e civico, è stato molto forte”.
Purtroppo, prosegue Missaglia, il messaggio non è stato raccolto né dalla Ministra ma neppure dal Governo e così si è arrivati a giugno “senza idee e progetti e senza neppure tentare, nei mesi estivi, qualche esperienza, guidata e in sicurezza, per i più piccoli”.
“Alla fine – aggiunge sconsolato Missaglia – abbiamo capito tutti che la scuola non è stata ritenuta una vera priorità: a distanza di mesi, non abbiamo dati sull’andamento della pandemia nelle scuole, non sappiamo l’incidenza di questa nel quadro generale, non ci sono azioni di tracciamento”.
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: “Confinati nell’isolamento, schiacciati da una gestione securitaria della pandemia, privati della socialità che è energia primaria, i giovani manifestano segnali inquitetanti; rassegnazione e depressione sfociano in scatti di rivolta e ribellione, persino di aggressività e violenza”.
“Abbandonata a se stessa, senza un governo centrale dei processi, in balia di una crisi istituzionale che sconquassa il fragile equilibrio fra potere centrale e regioni e ignora ogni rispetto della autonomia – prosegue il presidente Missaglia – la scuola tende a chiudersi in se stessa e rifluire nelle storie individuali”.
Ma cosa potrebbe accadere nelle prossime settimane?
Secondo il presidente di Proteo, il rischio è quello di una progressiva “marginalizzazione” del ruolo educativo della scuola perché è ormai evidente che “c’è anche chi è già pronto a costruire sulle difficoltà della scuola pubblica o anche sul suo ritrarsi dalle dure sfide del presente, una nuova e rilevante presenza nella società”.
“Non è l’aziendalismo liberista che abbiamo conosciuto o il rischio di privatizzazione talvolta evocato, a torto o ragione – conclude Missaglia – No, c’è una parte della società civile (organizzata, con forti risorse finanziarie e simpatie politiche trasversali) che si mette in movimento con un approccio culturale talvolta aggressivo, per essere protagonista della funzione educativa nella società. A partire dai luoghi, dai territori, dalle domande di chi non ha più pazienza di attendere i cambiamenti che non arrivano. Di chi ha maturato una pessimistica convinzione sulla riformabilità del sistema di istruzione; che vuole avere voce in capitolo, senza deleghe”.
E così anche l’idea di affidare al terzo settore la gestione “estiva” dei processi educativi potrebbe avere conseguenze dirompenti a lunga scadenza.
Osserva infatti Missaglia: “Non vedo ponti di sussidiarietà in costruzione ma sotterranei lavori di confinamento della scuola pubblica nei recinti inviolabili della istituzione burocratica, con i suoi tempi, i suoi schemi, la sua sperimentata e tranquillizzante autoreferenzialità coperta dalla tutela ministeriale. Oltre quel recinto nascerà la scuola della società civile, animata da alleanze politiche e con risorse impazienti di essere utilizzate. Sarà un’operazione dirompente se sarà debole la risposta della scuola pubblica”.
A meno che – conclude Missaglia, che in fondo conserva un po’ di ottimismo – “la scuola pubblica riesca ad assumersi la responsabilità dei cambiamenti necessari ed essere essa stessa protagonista primaria di una riprogettazione sul territorio”.
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