L’anno scolastico va ormai ad iniziare in tutta Italia, ma nei Collegi dei Docenti sono moltissimi i volti nuovi, perché numerosi insegnanti sono andati in pensione.
Chi può, se ha i requisiti, fugge oggi dalla Scuola italiana, forse più che da qualsiasi altra professione. Secondo l’ultimo rapporto OCSE sullo stato dell’educazione mondiale, uscito il 10 settembre (“Education at Glance 2019”), nei prossimi dieci anni dovrà essere rinnovata la metà del corpo docente italiano.
Come poi questo auspicato rinnovo si concilii con l’obbligo di restare in servizio fino alla soglia dei 70 anni, è un indovinello avvolto in un mistero all’interno di un enigma.
Male stanno tutti i lavoratori dipendenti, oggi, in Italia. Non solo i docenti.
Se i salariati (ma anche i professionisti e tutti coloro che fanno parte della classe media) prendessero coscienza di come stanno male oggi rispetto 30 anni fa; se si accorgessero di pagare le tasse anche per le élite più ricche e potenti (che però decidono per loro); se capissero che le anomalie della pubblica amministrazione, la fatiscenza di monumenti, scuole e ospedali, le buche per le strade, gli scempi ambientali e tutte le altre amenità cui siamo tristemente avvezzi non sono un dato di natura ma metastasi del malaffare e frutto di scelte precise; se gli Italiani capissero tutto ciò, spegnessero la televisione e smettessero di fermarsi alle verità ufficiali, tutto potrebbe davvero cominciare a cambiare.
Come negli anni ‘60 e ‘70, quando un vero brivido di cambiamento radicale aveva iniziato a scuotere questo Paese dalle fondamenta, come mai prima nella sua trimillenaria storia.
Chi da questa situazione trae vantaggio, in fondo, va compreso: ha troppo da perdere e troppo da guadagnare per poter accettare serenamente che tutto cambi. Non possiamo sperare che il cambiamento venga dall’alto per l’illuminata buona volontà di chi finora ha perpetuato lo status quo. La cuccagna per qualcuno dura da parecchio, e promette di durare ancora. A patto, però, che si continui a seguire le metodologie seguite negli ultimi 35 anni per manipolare l’opinione pubblica.
Prima regola: colpevolizzare il cittadino medio. Brunetta docet. Sei operaio? Sei impiegato statale? Sei docente? Guadagni poco? Lavori tanto? Non puoi nemmeno assentarti, perché altrimenti non sanno come sostituirti a causa del taglio delle assunzioni? Colpa tua! È perché sei un “fannullone”. Ammettilo: sei un “buono-a-nulla” per definizione. Altrimenti non avresti cercato il “posto-fisso”.
Che vergogna, il “posto-fisso”! Roba per veterocomunisti passatisti assistenzialisti, per anonimi “ragionier Fantozzi” incapaci, non degni del paradiso del dio Mercato, non adeguati a diventare “imprenditori-di-se-stessi”.
Quindi, se non sei “capace”, accontentati. Non lagnarti. “Chi troppo vuole, nulla stringe”. È già tanto se ti hanno dato uno straccio di lavoro, “a-spese-del-contribuente”. E il contribuente è già arcistufo di pagar tasse salate per mantenere i fannulloni come te.
I Docenti, poi! In un Paese come questo — non propriamente colto né amante della cultura — uno dei motti prediletti è «Chi sa, fa; chi non sa, insegna». Fai l’insegnante? Pèntiti dei tuoi peccati! Non solo rubi lo stipendio “lavorando poco”, ma hai persino il torto di voler insegnare ai giovani a pensare con la propria testa. Vai punito e colpevolizzato il doppio. E siccome per lo più sei donna, ti faremo sentire in colpa anche perché non stai in casa a fare la calza (era il tuo sogno, ammettilo: è per questo che insegni, perché così “lavori-poco-e-stai-coi-figli”!).
Ciclici scoop giornalistici scoprono l’acqua calda: i docenti si ammalano! Pochi ricordano che in realtà, nel Pubblico Impiego, gli insegnanti sono i meno assenteisti.
E invece continuano a piovere luoghi comuni, panzane belle e buone, fesserie tali da non meritare nemmeno risposta; vaticinate pur tuttavia da politicanti di dubbia moralità, esse rimbalzano tra telegiornali e talk show televisivi, raramente sottoposte a vaglio critico da conduttori talora falsamente “neutrali” rispetto a qualsiasi affermazione balzana e stravagante permetta loro di alzare l’audience.
Ecco perché in maggioranza i salariati (e i Docenti!) si sentono depressi, smarriti, hanno paura di agire e non reagiscono più. La sera, dopo una giornata di lavoro e di stress, preferiamo non pensare e chiuderci in casa davanti alla tv: la quale, oltre a rilassarci, spesso ci riempie la testa di scemenze e luoghi comuni, che confermano in noi il senso di colpa (specie se ci sentiamo diversi dalla comune melassa).
Eppure, reagire si può. Anzi, basta provare a farlo per scoprire che, malgrado un po’ di iniziale fatica, fa sentire addirittura meglio.
Buon anno scolastico a tutte e a tutti coloro che insegnano
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