Lucia Azzolina, ministra dell’Istruzione, ha annunciato a Radio24, dopo la chiusura delle scuole in diverse regioni italiane per via del coronavirus: «Abbiamo già istituito una task force per garantire la didattica a distanza. Il materiale è disponibile, e stiamo preparando una piattaforma dove caricare i contenuti».
«Il Nord Italia è ben attrezzato per rispondere a queste esigenze, ci sono molte scuole che la fanno già. C’è una scuola produttiva, e dove ci sono delle difficoltà arriveremo, la nostra task force andrà a fare formazione ai docenti per iniziare immediatamente con la didattica a distanza».
Ma, come al solito, secondo Linkiesta, la ministra non è scesa di più nel merito e, mancando di dare indicazioni precise circa i tempi e le modalità di erogazione dei contenuti, il risultato è che la comunicazione rimane per il momento molto vaga, anche perchè il comparto scolastico italiano in generale è ancora parecchio indietro sul fronte della didattica digitale. Ed è difficile immaginare che, a tempi record, si possa consentire agli studenti di ogni ordine e grado di usufruire di lezioni a tempo pieno dal divano di casa. Così come ai docenti di sapere come fargliele fare.
Infatti, confermano gli esperti che fare didattica digitale non è proprio “un gioco da ragazzi. Non è solo un problema di infrastruttura tecnologica, ma anche formativo e normativo».
Inoltre, non si tratta soltanto di consentire che tutti abbiano l’hardware necessario e una connessione sufficientemente veloce per mantenere il contatto online, ma anche di fare in modo che i docenti sappiano, sia quali sono i software a loro disposizione per strutturare le lezioni, sia come utilizzarli.
Per cui “riuscire a mettere in piedi qualcosa di concreto in queste settimane di chiusura delle scuole non è pensabile: «Speriamo -dicono ancora gli esperti- che sia il via per un progetto che prosegua anche dopo l’emergenza del coronavirus. Se c’è una cosa positiva, è che ha messo sotto agli occhi di tutti un bisogno che c’è da anni».
Infatti, il digitale “può consentire di fare lezione in maniera molto più coinvolgente e stimolante, sia per gli alunni che per gli insegnanti, perché «è molto più orientato all’inclusività rispetto all’attività di aula normale», consentendo di rivedere più volte i contenuti video, per esempio, e adattandosi quindi al ritmo di apprendimento del singolo studente. E poi aumenta molto la possibilità di avere una risposta da parte del docente su esercizi e altro, di fatto democratizzando il rapporto. Per non parlare delle potenzialità che consente nel rivoluzionamento della didattica in termini di flipped classroom e altre novità simili che puntano a scardinare la classica concezione novecentesca della scuola, con il docente in cattedra e gli alunni seduti ciascuno al proprio banco, a imparare in silenzio.
Le avventure della cagnolina Pimpa tradotte in arabo per raccontare ai giovani studenti del Kurdistan…
Spesso si dice che le ultime generazioni sono ossessionate dai social, dai like, dalle apparenze:…
Durante l'evento per la nascita della Fondazione intitolata a Giulia Cecchettin, dedicata alla memoria della…
Nella Sala della Regina di Montecitorio si è svolta la “Presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin” in…
Il cantante 31enne Ghali ha nuovamente lanciato un forte messaggio sociale, che anche stavolta riguarda…
Il ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha inviato una lettera ai ragazzi che…