Nel quartiere dove c’è la “Carlo Pisacane”, la scuola più multietnica di Roma con alunni tra i 13 e i 18 anni , la Piccola Orchestra di Tor Pignattara ha creato un laboratorio musicale nel quale raccoglie, giovanissimi nati e cresciuti in Italia da famiglie autoctone o straniere con culture molto diverse.
Il direttore artistico è Pino Pecorelli, proveniente dall’esperienza dell’Orchestra di Piazza Vittorio, affermata realtà musicale che coinvolge artisti stranieri che vivono a Roma, talvolta in condizioni di emarginazione sociale.
A tre anni dalla formazione, i venti ragazzi della Piccola Orchestra di Tor Pignattara hanno realizzato l’album “Stop! In the name of love”, un lavoro di otto tracce che racconta i sentimenti che vivono e che hanno vissuto in prima persona. Con la musica, ognuno di questi giovani dall’accento romano ha trovato la strada per dire: “Io sono”. Per amare la propria storia, il proprio colore della pelle, il proprio talento.
Ognuno un cuore e uno strumento per fare un solo battito: l’idea alla base della piccola orchestra è evocata dalla copertina del nuovo album, che prende il nome da un brano dal gruppo vocale femminile degli anni Sessanta The Supremes.
La diversità è, infatti, il fiore all’occhiello di “Stop! In the name of love”, che unisce più generi musicali, più lingue, vari ritmi e strumenti differenti, alcuni dei quali sono propri di aree del mondo da cui hanno origine i genitori dei musicisti: un modo per tenere viva la tradizione culturale delle loro famiglie e inserirla nel Paese, l’Italia, dove hanno vissuto ogni giorno della loro vita.
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Da “El emigrante latino”, tradizionale del Sud America, si cambia atmosfera con “Is it because I’m black?” di Syl Johnson. Poi un salto nel mondo arabo con “Bekotb Ismak ya habibi”, passando per l’America Latina con “Y tal vez”. E ancora: l’omaggio alla canzone italiana con “Come stai” di Domenico Modugno e due brani inediti, “Treska”, uno ska strumentale, e “Le grande homme”, dalle sonorità più rarefatte.
“È oggettivo e ovvio che io sono un italiano di seconda generazione – spiega un giovane musicista nel video dedicato all’uscita di “Stop! In the name of love” – ma anche qualunque altro ragazzo di Tor Pignattara e Centocelle può essere considerato un italiano di trecentesima generazione: mio figlio sarà di terza, di quarta”. (Ansa)