La politica industriale parte dall’istruzione

Il significato di tutto ciò, dice il Sole 24 Ore, è uno solo e cioè che il problema della disoccupazione giovanile non è soltanto ed esclusivamente un problema di investimenti. Infatti, la preparazione che proviene incredibilmente non solo dalla scuola e dalle università degradate italiane, ma anche dalle eccellenti università americane, sembra non essere adatta alle nuove strutture e profonde modificazioni dell’economia mondiale globalizzata.
La conclusione è che abbiamo sistemi educativi stantii, inutili e del tutto inadeguati a sostenere la nostra economia reale.
È da qui che il manifesto della cultura deve entrare in gioco. Ed è proprio un nuovo Governo ed un Parlamento con più partecipazione di giovani e di donne, che devono porre come programma primario quello della cultura.
Insomma, il vero principio fondamentale è che non è l’economia che deve riformare l’istruzione, ma è l’istruzione che deve riformare l’economia.
Sarà proprio quella istruzione pubblica, dovere della società, secondo Condorcet e principio fondamentale per una vera rivoluzione che metta al centro dello sviluppo la persona umana, come voleva Robespierre, a condizionare una nuova vera democrazia e una nuova crescita.
Una cultura che conservi il dovere della memoria, obnubilata dalla fede nei mercati, che riporti la dignità dell’uomo all’etica della responsabilità, abbandonando le meccaniche e irresponsabili decisioni degli algoritmi e ricomprenda alle basi dell’istruzione pubblica la tutela dei diritti fondamentali, dei beni comuni e dell’ambiente.

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