Si sta programmando nelle scuole, in questi giorni, al di là delle preoccupazioni sanitarie, il ritorno alla vita di classe, per gli aspetti educativi e culturali.
Su cosa puntare, dal primo giorno di scuola, quando gli sguardi, superato il primo impatto con i discorsi consueti, cercheranno di scorgere il proprio della vita di scuola?
Suggerisco un piccolo spazio dedicato alla pratica della meraviglia, come atto centrale degli aspetti relazionali, ma anche di quelli culturali.
Meraviglia, dai classici in poi, come primo passo, come porta d’ingresso alla coscienza che si fa, nella reciprocità, autocoscienza.
Conoscitivamente, meraviglia come consapevolezza della propria ignoranza (nel senso dell’etimo) e desiderio di sottrarvisi, cioè di apprendere, di conoscere, di sapere, del gusto di camminare assieme.
Ecco perché proprio la meraviglia, secondo Aristotele, è il cuore della vera ricerca, perché disinteressata, libera.
Stato d’animo raro e prezioso, la meraviglia è la sola espressione della vera libertà. La quale non è, come si intende per lo più oggi, fare ciò che si vuole, ma ricerca libera del bene, del vero, del giusto, del buono.
La pratica della meraviglia, dunque, come obiettivo formativo primario.
Per favorire questa grinta, questa domanda, questo approccio, ci si deve però esercitare, anche con sana fatica.
Perché è esercitarsi a non sapere, sapendo che per domandare bisogna sapere ciò che si domanda, nonostante la consapevolezza che, proprio perché si domanda, la cosa che si domanda non la si conosce.
Qualsiasi esperienza, qualsiasi oggetto, qualsiasi questione, qualsiasi proposta: tutto può diventare domanda.
Anzi, ogni cosa nel suo intimo è domanda, invita al domandare, cioè al sapere.
Solo l’esercizio della meraviglia può porre un freno al sentimento oggi dominante, cioè la paura, il timore, ogni limite negativo.
Nessuna cosa può essere, perciò, pregiudizialmente lasciata a se stessa, quasi forma plastica del caos, del disordine, del male.
Perché ogni cosa e ogni questione in se stessa hanno un ordine che a prima vista è misterioso, in senso negativo.
Meravigliarsi è accettare i propri limiti, ma è anche sapere il buono che si è riusciti a maturare, dunque stimolo a camminare oltre.
La vera maturità che la scuola può proporre alle giovani generazioni, ma anche a tutte le generazioni, in un dialogo ideale nella nostra società aperta.
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