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La preside antimafia, la scuola e l’educazione alla legalità

Ha suscitato non poco clamore la triste e rocambolesca vicenda della preside siciliana, famosa per essere uno dei simboli dell’antimafia e per questo anche insignita della Croce di Cavaliere della Repubblica.

Non solo perché la governance delle scuole non dovrebbe, per la sua naturale vocazione, essere sottoposta a tali vicende e scandali, ma anche e soprattutto perché questa volta ad essere incriminato è proprio chi della legalità e della trasparenza dovrebbe essere il garante e l’esempio per tutta la comunità educante. A ciò si aggiunga anche il fatto che l’entità dei furti (televisioni, tonno, computer…) denota una miseria ancora più colpevole e riprovevole, diciamo. Non molto tempo fa l’ARAN ha denunciato, infatti, la necessità della rotazione dei dirigenti scolastici, dispositivo indispensabile per garantire la pubblica amministrazione dai fenomeni di corruzione e dall’instaurazione di veri propri feudi. Chi ricopre ruoli amministrativi dirigenziali o apicali non può farlo alla maniera dell’aristocrazia di toga dell’ancien régime.

Purtroppo, negli ultimi decenni proprio nelle scuole, colpevole un malinteso concetto di autonomia, che il più delle volte si è limitato a sperequare risorse pubbliche e comunitarie senza produrre nessun autonomo e virtuoso impulso economico auspicato, si assiste ad una degenerazione che si integra perfettamente in quella più generale dell’intera società. Il sociologo come lo storico in ciò non potrebbero che ravvisare la naturale conseguenza di una condizione etica generale o generalizzata. Tuttavia, almeno la scuola, dovrebbe essere il luogo del dover essere, l’utopia in grado di condurre il futuro della società su lidi migliori e – come spesso si dice – è da essa che bisogna ripartire per trans-formare le generazioni future.

Perciò è necessario ed urgente che tutte le forze, impegnate per prime al suo interno, si obblighino a concreti ed ineludibili cambiamenti: docenti, famiglie, studenti, sindacati, società civile e  forze politiche di buona volontà sono chiamate a produrre un rapido e significativo cambiamento. Gli organi collegiali dovrebbero ritornare a ricoprire il loro ruolo di rappresentanza e di reciproco controllo della vita democratica dell’istituzione scolastica; i docenti dovrebbero recuperare la dignità della loro professione; studenti e famiglie dovrebbero dedicarsi ad una formazione autentica e non soltanto nominale; le forze sindacali dovrebbero ritornare a vigilare sul benessere di tutti i lavoratori, la politica dovrebbe essere in grado di proporre finalmente una riforma organica –  come più volte ho scritto – dell’intero sistema scolastico, riflettendo sugli errori/orrori degli ultimi interventi legislativi e ministeriali.

Bisognerebbe, inoltre, ritornare a riflettere riguardo alla governance amministrativa delle nostre istituzioni scolastiche (DS-DSGA), che negli anni ha mostrato non poche e disturbanti storture: conflitti d’interesse, incapacità diffuse a gestire la complessità dei processi in atto, concorsi di reclutamento inadeguati ed afflitti da continui scandali, obliquità delle forze sindacali, indifferenza degli organi collegiali e delle famiglie.

Occorrerebbe, forse, semplicemente riformare la scuola a partire dalla cultura e dalla sensibilità nei confronti della cultura. Questo dovrebbe essere il merito e lo scopo di tutte le risorse in campo, anche di quelle finanziarie.

Carlo Schiattarella

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