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Preside arrestata a Palermo, gli alimenti della mensa che andavano a male venivano dati comunque agli alunni: ritorsioni ai prof che parlavano

Ci sono degli aspetti davvero gravi, se confermati, nell’inchiesta della Procura Europea che nei giorni passati ha portato agli arresti domiciliari, con l’accusa di peculato e corruzione, la preside Daniela Lo Verde, capo della scuola Falcone dello Zen di Palermo, il vicepreside e una dipendente dell’azienda che forniva computer all’istituto, per complessive 12 persone indagate tra cui dei docenti e collaboratori scolastici: quello più eclatante riguarda la salute degli alunni di quella scuola. Sembra, infatti, che gli alimenti della mensa scolastica della scuola Falcone del capoluogo siciliana passassero prima per il frigorifero della preside, la quale decideva, secondo l’Ansa, “cosa dare agli alunni. Il resto se lo portava a casa”.

L’aspetto paradossale è che, sempre secondo le informazioni raccolte dall’agenzia di stampa, “accadeva che gli alimenti, tenuti mesi nella stanza della dirigente della scuola Falcone andassero a male. Una eventualità poco rilevante visto che le docenti complici della preside cancellavano la scadenza e li propinavano lo stesso ai ragazzi”, ha dichiarato la docente accusatrice.

A trapelare c’è poi il verbale della docente della scuola che ha denunciato la gestione illegale dei progetti europei, compresa l’accusa di raccogliere le firma di presenza dei corsi di formazione, finanziati con i progetti Pon, a lezioni terminate e senza che queste si fossero svolte regolarmente. Una pratica che, ha denunciato ancora la prof, veniva portata avanti perché la ds, ora ai domiciliari, temeva di perdere gli importanti fondi approvati da Bruxelles.

Nell’istituto collocato nel quartiere Zen sarebbe esistito “una sorta di circuito consolidato secondo il quale se si rientra nelle grazie della preside si ha vita facile all’interno della scuola, altrimenti si vivono ritorsioni che rendono all’interno del plesso la vita molto difficile”.

La prof che formulato le accuse ha quindi fatto un esempio, facendo mettere a verbale l’occasione in cui aveva “denunciato unitamente a una collega il non rispetto delle normative Covid a due quotidiani online e subito dopo è stato indetto un collegio docenti in urgenza in cui la preside stessa chiedeva a tutti i docenti di smentire le nostre dichiarazioni sebbene io avessi delle prove fatte di video e fotografie”.

Secondo l’insegnante che ha prodotto le accuse, in quella scuola si respirava un clima tutt’altro che democratico: c’era, invece, spiega l’accusatrice “un clima di pressione a seguito del quale nessuno dei docenti contrastava la preside nelle sue decisioni“.

Sarebbe stata proprio quella denuncia – prodotta ai carabinieri e confermata al pubblico ministero – a dare il via alle indagini che hanno svelato che la donna si appropriava del cibo della mensa e di parte dei macchinari informatici acquistati con i fondi europei.

Le accuse, circostanziate, hanno puntato dritto ad una realtà opposta a quella che era stata descritta e confermata anche con il riconoscimento alla preside, ora ai domiciliari, dell’importante titolo di Cavaliere al Merito.

“Il mancato rispetto delle regole all’interno della scuola Falcone è una cosa ricorrente – si legge ancora nel verbale di denuncia – che spazia dalle questioni giornaliere come la gestione degli alunni e della didattica alla gestione dei progetti finanziati dall’Unione Europea”.

“Proprio a riguardo di questo aspetto è utile sottolineare il fatto che la scuola si fregia di portare avanti numerosi progetti sia in orario scolastico che in orario extrascolastico che intanto proprio in virtù di quanto ho appena detto vengono approvati sempre all’unanimità dal collegio e poi non sempre vengono attuati in maniera diligente e completa rispettando i relativi contratti”, ha raccontato la docente, poi trasferita in un altro istituto.

Alessandro Giuliani

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