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La preside di Palermo: “Ci arrivano troppi soldi”

Sembra che la preside della scuola dello Zen di Palermo, ai domiciliari con accuse pesanti come peculato e corruzione, abbia pure detto: “ci arrivano troppi soldi, arrivano soldi da tutte le parti”.  Che può sembrare una contraddizione di termini visto che le scuole si sono sempre lamentate proprio della loro mancanza.

Ma non solo, secondo la ricostruzione dei procuratori europei la preside e il suo vice avrebbero falsificato le richieste per i progetti Pon, attestando presenza di alunni che invece non c’erano in orario extracurricolare “al fine di giustificare l’esistenza di progetti Pon di fatto mai realizzati o realizzati solo in parte”.

E alcuni di questi progetti erano finalizzati al contrasto della dispersione scolastica, una materia sensibile sulla quale si stanno aprendo ancora di più le casse europee per finanziarli.

Tuttavia ci chiediamo: affinché un progetto Pon si possa realizzare, a parte il coinvolgimento della segreteria e della dirigenza, c’è anche quello dei docenti: tutor, curricolari, esperti esterni, compresa la voce per acquisto materiali.

Che i materiali prendessero la via della casa della dirigente è una questione che riguarda la magistratura, ma i fondi previsti per la didattica e il tutoraggio che strada prendevano? Sapevano i prof, e quindi le classi e quindi gli alunni, del loro coinvolgimento nel progetto? Perché i finanziamenti vengono elargiti sulla base del numero degli alunni, con un minimo e un massimo, delle classi coinvolte, delle ore extracurriculari previste per un periodo stabilito, dei programmi da svolgere, dei docenti interessati, compresi esperti esterni, i tutor e il personale impiegato per la cura dei locali. E soprattutto hanno bisogno dell’autorizzazione del collegio e dei consigli di classe. Nessun Pon può partire se il consiglio di classe non è informato.

Questo aspetto non è chiaro. Si sa che i progetti erano tanti fra cui qualcuno di cucina, un altro sul calcetto: “sono diversi i progetti extrascolastici organizzati alla scuola”, scrivono i giornali: quanti? 

Quello che è chiaro sta nel fatto che tutto ha preso inizio dalla denunzia di una sola insegnante: e gli altri? Nessun altro si è accorto di ciò che avveniva in quella scuola? 

Sembra inoltre che sia stata arrestata la dipendente del negozio Apple di Palermo: avrebbe regalato tablet e cellulari alla preside in cambio dell’aggiudicazione in esclusiva della fornitura alla scuola del materiale elettronico.

Ma è sicuro che operazioni simili, a danno della collettività ma a favore di chi sa farlo, non si verifichino anche in altre scuole? Chi controlla che “aggiudicazioni esclusive” di forniture non accadono anche altrove, con la contropartita del regalo fuoribusta? 

Non sono le grandi tangenti di cui spesso leggiamo per aggiudicare un appalto, ma appalti anche di somme rilevanti nelle scuole se ne fanno, come impiantare una sala computer, una sala multimediale, ecc., a parte le varie forniture di materiali.

E per questo una domanda appare non evasa: e se la prof non avesse denunciato? A cui ne segue un’altra: come mai la dirigente, col suo staff, era tanto sicura di sé tanto da non prendere le più minime cautele?   

Pasquale Almirante

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