Se tutti i dirigenti delle scuole d’Italia fossero come la preside dell’Istituto comprensivo “Alpi Levi” di Scampia, come la dirigente scolastica Rosalba Rotondo, con certezza il futuro di tanti ragazzi potrebbe prender vie diverse.
Oltre a gestire un istituto dislocato in otto plessi, con 1300 alunni, divisi tra scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di I grado, il contesto nel quale si raccolgono gli alunni, provenienti “dai parchi, dalle vele, dai caseggiati intorno, alunni rom, ucraini, tutti seguiti per valorizzare il talento”, non sono certamente allettanti.
Questa preside, ribattezzata “preside coraggio”, racconta il Corriere della Sera, ha portato avanti decine di sperimentazioni per tenere insieme i ragazzi, per abbassare la dispersione, per dare una speranza a tutti di riscatto e opportunità di assicurarsi un lavoro e un futuro.
Ma non solo, e su questo punto occorrerebbe una riflessione approfondita un po’ in tutte le scuole, persino con i bocciati ha una sua visione della scuola. Infatti non vengono costretti a ripetere la stessa classe, ma possono essere ammessi a quella successiva, in modo da non perdere amici e possibilità di recuperare. E poi una commissione valuta i loro progressi e la loro capacità di andare avanti con il percorso scelto.
E ancora (e qualcuno potrebbe pure dire: chi glielo fa fare) sul digitale, ha voluto adottare un metodo sperimentale per mettere tutti i docenti nelle condizioni di dare il meglio ai propri studenti, mentre implementa i laboratori di musica per fare incontrare e conoscere culture, etnie, ceti sociali diversi fra i suoi alunni.
Riporta ancora il Corriere: “In questa istituzione scolastica le studentesse e gli studenti sono stimolati nella crescita umana e culturale grazie anche alla partecipazione di numerosi progetti di finanziamento e l’aggiornamento del Piano nazionale scuola digitale al quale stiamo lavorando sempre di più punterà sull’accompagnare le scuole”.
Premiata da Sergio Mattarella nel 2019 per il suo progetto di recupero dei rom, Rotondo sottolinea l’importanza di non valorizzare solo i talenti già conclamati: “Noi non possiamo pensare solo a quelli che naturalmente andrebbero all’università, anche se la Federico II non avesse installato una sede nel nostro quartiere. Ma agli “scamazzati”, quelli che la vita non ha premiato, che hanno condizioni di partenza più difficili, e che possono intravedere attraverso la scuola una strada per poter seguire i propri obiettivi e non lasciarsi andare ad un destino precompilato”.
Perché alla fine questo è il dato più importante in una realtà sociale che non si intende cambiare e i cui esiti sono affidati non già alla politica, ma al buon volere di una dirigente dei docenti che la collaborano.
La preside continua infatti a spendere tutta la vita per gli studenti e il suo ufficio è pieno di ricordi degli alunni che l’hanno amata e che in qualche modo si sono salvati anche dalle carceri, compresi quelli presso i quali ha insegnato a Secondigliano e che ancora le inviano le lettere di affetto e di attestazione di stima.
A 61 anni continua a credere nella scuola e nelle sua missione educatrice e di riscatto sociale; le porte della sua stanza sono sempre aperte, nonostante i segni dei calci e nonostante abbia pure trovato la sua auto con le quattro ruote tagliate.
Questa preside continua a credere nella sua missione, nella scuola che sappia riconoscere a tutti le stesse opportunità e le stesse possibilità.
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