Luciana Leonelli, preside del liceo Donatelli dove studiava uno due ragazzi trovati morti a Terni, cerca di spiegare il suo dolore e quello di tutta la scuola: «Sono triste. Da marzo non abbiamo rivisto i nostri studenti fisicamente. I docenti e io stessa abbiamo fatto di tutto per accompagnarli, per cercare di capire cosa stessero facendo e per tenerli agganciati alla quotidianità di un impegno, che desse senso al tempo. Purtroppo le relazioni umane che sono fatte di spazio fisico e di presenza corporea, sono state viziate dalla lontananza indotta dal Covid-19. Un alunno che ti risponde male lo prendi sotto braccio e ci ragioni, gli chiedi cosa lo porta a comportarsi così e lo aiuti. Tutto questo non è più avvenuto perché ogni cosa si è trasformata improvvisamente in una modalità di interazione virtuale, e non è stato più possibile catturare il fremito emotivo del ragazzo. In un certo senso la distanza ha ostacolato il soccorso».
La scuola in prima fila contro la droga
E a proposito della presunta droga che i ragazzi avrebbero assunto prima di recarsi a casa, dove la mattina dopo sono stati trovati morti, la dirigente ha detto: “Organizzare in questo istituto l’intervento di unità cinofile antidroga più volte l’anno anche se a qualcuno è sembrato eccessivo, è comunque un’azione di prevenzione e monitoraggio a comportamenti a rischio. Cosi come tutte le iniziative di educazione alla salute, al disturbo dell’alimentazione, al corretto uso dei social, o relative alle conseguenze dovute all’abuso di alcolici».
«Invece la compagnia e l’affettività a questa età deve essere educata. La condivisione del tempo ci è mancata. Ci è stata strappata la possibilità di passare una mano sulla testa di un adolescente triste, che in quel momento aveva bisogno magari solo di un gesto di affetto fisico. Ho sentito il papà – conclude la preside – di fronte a quel dolore non posso che restare in silenzio e condividerlo intimamente».