La novità della terza prova scritta, alla quale si continua a dare molta enfasi, forse più di quella che in realtà merita, sta facendo passare in sordina le difficoltà, sicuramente maggiori, insite nella prova d’Italiano, che da sempre, non a torto, è stato lo scoglio dei candidati, in particolare di quelli che hanno qualche difficoltà di fronte a un foglio bianco. Tra l’altro quest’anno la prima prova presenta tipologie di scrittura “innovative”, o almeno che tali appaiono a docenti e ad alunni della secondaria superiore, legati in genere al tradizionale tema. Infatti la scuola superiore, salvo eccezioni, non abitua gli studenti a produrre testi di diversa tipologia che tengano conto dello scopo, del destinatario, del messaggio, del registro linguistico, né fornisce, purtroppo, gli strumenti necessari per entrare nel fantastico ed elitario mondo della lingua, capace di evocare sogni, immagini e mondi possibili, ma accessibile soltanto a chi conosce le sofisticate e complesse tecniche utili a padroneggiarla, sia per utilizzarla nelle forme più varie, sia per trarre godimento dall’uso sapiente di essa fatto da altri.
La conseguenza di questa grave lacuna della scuola è immediatamente evidente tra i giovani e gli adulti nella generalizzata carenza di cultura della lettura. E’ noto, infatti, che gli Italiani leggono poco, anzi pochissimo, e che l’editoria si regge molto sulla vendita dei testi scolastici, non di rado, presso alcune famiglie, gli unici che vengono acquistati. Non c’è certo da stupirsi, perché il piacere della lettura o si apprende o si perde sui banchi di scuola: in genere si verifica la seconda alternativa. In modo particolare ciò avviene con la poesia, mondo forse ancora più fantastico della prosa, ma di accesso ancora più difficile e quindi più ristretto.
Eppure la scuola primaria e secondaria inferiore da alcuni anni avviano i giovanissimi studenti alle nuove tipologie di testi ed è veramente un peccato che poi questo lavoro non venga in genere proseguito con sistematicità nelle superiori. C’è comunque da sperare che a partire da quest’anno anche la scuola superiore, sin dal primo anno, faccia rientrare nella pratica didattica questo tipo di lavoro, del resto già chiaramente specificato nei Programmi Brocca, che indicano, per l’Italiano, tra gli obiettivi di apprendimento “la capacità di realizzare forme di scrittura diverse in rapporto all’uso, alle funzioni e alle situazioni comunicative, distinguendo tra scritture più strumentali e di uso personale e scritture di più ampia diffusione e di diversa funzione, che richiedono più attenta pianificazione” (5.2.1.).
La nuova formula degli esami di Stato dà ai docenti, dunque, un’occasione, che è anche un impegno, di avviare i giovani alla conoscenza della realtà attraverso il linguaggio, che, secondo quanto sostiene il filosofo Hans Gadamer nell’opera Verità e metodo, è tutt’uno con la nostra esperienza concreta delle cose, poiché “la parola appartiene in qualche modo alla cosa stessa e non è qualcosa come un segno accidentale legato esteriormente alla cosa”.
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