Lo scorso ottobre una docente di una scuola veneta, l’istituto Viola Marchesini di Rovigo, è stata colpita con una pistola ad aria compressa mentre si trovava in classe, intenta fare lezione, e poi ripresa e derisa sui social. La vicenda ha sollevato molte polemiche e scatenato i commenti di altri docenti, che dicono di sentirsi sempre più in pericolo mentre svolgono il loro lavoro.
Oggi arrivano importanti aggiornamenti sul caso. La docente, Maria Luisa Finatti che insegna Scienze e Biologia, è stata intervistata da Il Mattino di Padova spiegando quali provvedimenti ha preso: la prof ha denunciato tutti i 24 studenti di quella classe per i reati di lesioni personali, oltraggio e pubblico ufficiale, diffamazione a mezzo social e atti persecutori. La denuncia è stata depositata dai suoi avvocati Nicola Rubiero e Tosca Sambinello al Tribunale dei minori di Venezia.
La prof ha ricostruito quegli orribili momenti in cui è stata ferita, oltre che a livello fisico, anche nell’animo: “Erano studenti di prima, appena arrivati alle superiori. Hanno avuto il coraggio di spararmi per ben due volte, una all’inizio della lezione e poi anche alla fine. Quattro o cinque pallini contro di me, mirando in faccia. Infatti mi hanno colpito allo zigomo”.
“Non mi sono resa conto subito della situazione, perché non pensavo potessero arrivare a tanto. Alcuni di loro avevano organizzato tutto: uno ha portato la pistola, uno ha sparato, altri hanno filmato con i telefonini. E tutto per cosa? Per diventare famosi, per guadagnare follower su Instagram e TikTok. A loro interessava solo quello. Con la complicità dell’intera classe”, ha aggiunto inorridita.
La donna è riuscita a non scomporsi più di tanto, nonostante si sentisse molto umiliata: “Non ero lucida e dopo una sfuriata ho pensato che fosse mio dovere restare in cattedra. Così ho fatto, ho continuato a spiegare. Ma alla fine dell’ora, mentre stavo per scrivere sul registro quel che era accaduto, ecco la seconda serie di spari. Sono uscita dall’aula piangendo”.
Cos’è successo dopo? “Il vicepreside ha fatto gli accertamenti successivi e ha trovato la pistola ad aria compressa in giardino: l’avevano lanciata dalla finestra insieme ai pallini. La scuola ha avvisato anche la polizia. Erano stati individuati quattro ragazzi: il giovane che ha sparato, l’autore del video, il proprietario della pistola e un quarto complice. Ma, da quel che so, le sospensioni non sono ancora scattate”, ha spiegato la docente.
L’avvenimento ha lasciato sicuramente un segno profondo nella donna: “Sono rimasta a casa qualche giorno e ho passato più di qualche notte insonne. Non ho più insegnato in quella classe. Ma l’ansia c’è ancora, così come il timore di essere derisa”.
L’insegnante si è trovata praticamente sola: “Il 17 novembre scorso un collega ha dovuto dare una nota a due ragazzi, perché scimmiottavano la mia reazione dopo i primi spari. Ma c’è un’altra cosa che mi ha ferito. Ad eccezione di un ragazzo, nessuno è venuto a scusarsi: né tra gli studenti, né tra i genitori. Lo reputo un atteggiamento molto grave. Sono stata abbandonata, ed è una delle ragioni per cui ora mi sento additata. Quando entro a scuola non è più come prima, c’è sempre una certa angoscia”.
“Il nostro mestiere non può diventare pericoloso e in questo i genitori dovrebbero essere nostri alleati, invece sono totalmente schierati con i figli. C’è chi è andato a parlare direttamente alla preside, senza nemmeno preoccuparsi di me”, queste le parole della Finatti, molto polemiche nei confronti dell’atteggiamento assunto da alcuni genitori.
Anche alcuni colleghi non sembrano essere stati empatici con la prof: “Come in ogni ambiente di lavoro, c’è anche chi pensa che sia stata io a sbagliare, perché non so tenere a bada la classe. Come se fosse normale venire a scuola con la pistola ad aria compressa”, ha raccontato.
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