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La prof colpita con pistola ad aria compressa: “Non riesco ad insegnare come prima, i ragazzi volevano solo followers”

Torna parlare la docente di una scuola superiore di Rovigo, la Viola Marchesini, che lo scorso ottobre è stata raggiunta da alcuni spari provenienti da una pistola ad aria compressa mentre faceva lezione. Qualche giorno fa la professoressa, Maria Cristina Finatti, ha annunciato di aver intenzione di denunciare l’intera classe per l’accaduto, visto anche che si è trattato di un gesto, in qualche modo, collettivo.

Il responsabile non è un singolo: il gesto è stato organizzato tra compagni e ripreso con uno smartphone per poi far girare il video sui social. A Il Corriere della Sera la professoressa ha spiegato come si sente al momento: “Sono passati tre mesi da quel giorno e io non riesco più a tornare quella che ero. Sono cambiata, mi sono chiusa, non riesco a insegnare come prima. I ragazzi in generale mi fanno paura, e non dico solo quelli della classe che ho denunciato, parlo di tutti. Poi però devo anche ammettere che ci sono molti altri studenti che mi sono vicini. Sto cercando di risollevarmi, ma è faticoso, è come se si fosse rotto qualcosa, insegno da oltre vent’anni, ora non mi sento più la stessa”, ha detto con amarezza.

Tutto accaduto nonostante il divieto di cellulare

Ecco ulteriori dettagli su ciò che è accaduto, che ha visto la partecipazione di più di uno studente: “Quello che è accaduto è di una gravità estrema, erano tutti uniti, tutti compatti, mi hanno teso una vera e propria imboscata. Quando sono entrata nell’aula quel giorno, come sempre ho chiesto di mettere via i telefonini, e i ragazzi, che avevano già organizzato tutto, mi hanno detto ‘guardi prof li mettiamo qui sul davanzale sopra i termosifoni’. Io non ci ho dato peso, ma in realtà erano accesi, pronti a riprendere la scena. Così hanno sparato una prima volta, senza colpirmi. A quel punto sono scattata in piedi per requisire l’arma e chiedere conto di quello che era successo. In pochi secondi il video di quei primi colpi era già online. Poi, non contenti, alla fine della lezione hanno sparato ancora e mi hanno colpita, e nessuno si è alzato in piedi per prendere le distanze dai compagni. Anzi, un ragazzo c’era, l’ho sentito dire ‘che cosa avete fatto? Non dovevate sparare’ agli altri, e per tutta risposta lo hanno insultato. Questo ragazzo si è messo a sedere e non ha fiatato”, ha raccontato.

C’è da sottolineare che il fatto è avvenuto prima della pubblicazione della circolare sul divieto di cellulare in classe diffusa dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara lo scorso dicembre; in ogni caso a quanto pare nella classe in questione gli smartphone erano già comunque proibiti. Il divieto non ha fermato però gli alunni dal fare ciò che hanno fatto.

“Il clima di omertà che si è creato in quella classe è pericoloso, li ho denunciati tutti, così finalmente qualcuno si occuperà di andare a parlare con ognuno di loro, qualcuno dovrà far loro capire che hanno sbagliato: ha sbagliato chi ha sparato, ha sbagliato chi si è messo sotto l’ala protettrice dei violenti”, questo l’obiettivo della prof.

Prof isolata da genitori e studenti

La docente vorrebbe essere considerata dai genitori: “È sugli studenti che si deve accendere un faro, e anche sui genitori che prendono le distanze da quello che avviene in classe. Come se quello che accade a scuola fosse completamente scollegato dalla loro quotidianità. Ho ricevuto scuse solo da un genitore: dove sono tutti gli altri?”.

“Sono passati tre mesi. Se qualcuno avesse voluto chiedermi scusa un modo lo avrebbe trovato. Non lo hanno fatto perché non lo ritengono importante, questa è la verità. Ma la cosa peggiore è sentirmi dire che non sono una buona insegnante perché non sono in grado di tenere tranquilla una classe, quasi che la colpa di quello che è successo fosse mia. Qualche studente me lo ha rinfacciato”, ha aggiunto.

“L’unica cosa che interessava ai ragazzi che mi hanno colpita erano i follower su TikTok, dovevano fare il video e condividerlo, non gli interessava nient’altro, quella dei cellulari è una questione che va affrontata con coraggio da parte delle famiglie, sono tanti i ragazzi che passano pomeriggi interi sui social, sono soli, quella è la loro compagnia, e non va bene così”, ha continuato la professoressa, spaventata dagli effetti deleteri delle tecnologie e dei social sui più giovani.

“Ho pensato di lasciare la scuola, ma non è giusto: non devo andarmene io, non posso darla vinta a quei genitori. Io resto e combatto, mi hanno tolto quella classe, ma ne ho molte altre”, ha concluso.

Redazione

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