Dopo la notizia della promozione, con il nove in condotta, dei due ragazzi coinvolti, Maria Cristina Finatti, la prof colpita lo scorso ottobre da pallini provenienti da una pistola ad aria compressa, ha rotto il silenzio, rilasciando un’intervista a La Repubblica.
Le sue parole trasudano delusione e amarezza: “La scuola deve essere prima di tutto una scuola di vita e quindi insegnare il rispetto e l’educazione” ha detto l’insegnante di scienze all’Istituto Tecnico Viola Marchesini di Rovigo, classe 1961. “Nessuno in questi mesi mi ha mai chiesto scusa. Ho dedicato la vita alla scuola e ora mi sento sempre più emarginata. Vorrei sapere quali sono stati i criteri utilizzati per dare un 9 in condotta e perché l’episodio che mi è accaduto è stato svalutato. Vorrei non sentirmi più così abbandonata e finire gli ultimi anni di insegnamento in serenità”.
“Posso capire che si possano fare delle bravate, ma bisogna prenderne atto, imparare dagli errori e soprattutto rendersi conto del male che le proprie azioni possono provocare negli altri. Quello che mi ha delusa e indignata è che nessuno mi ha mai chiesto scusa. Nessuno dei ragazzi, nessuno dei genitori, pochissimi colleghi mi hanno dimostrato solidarietà. Tutto è proceduto come se nulla fosse accaduto, ma io invece mi sono sentita sola e abbandonata. Se ci fossero stati un’ammissione di colpa, un sincero pentimento, un gesto umano di empatia sarebbe stato diverso. È l’indifferenza che fa male”, ha aggiunto.
Ecco una ricostruzione di quei momenti: “Era l’11 ottobre e la scuola era appena iniziata. Non conoscevo ancora bene gli alunni di quella prima che mi era stata assegnata. Sono entrata in classe e ho visto subito una disposizione diversa dal solito. I ragazzi mi hanno detto che ormai si erano spostati e che sarebbero rimasti così. Mi sono segnata la nuova disposizione, il che è stato importante perché dimostra che si erano tutti messi d’accordo. C’era chi riprendeva con i cellulari, chi sparava con la pistola ad aria compressa, qualcuno incitava. Tutti ridevano”.
La docente è stata ferita non solo dai proiettili ma anche e soprattutto dalle risa di scherno: “La prima volta non ho realizzato che cosa fossero davvero e li ho richiamati. Avevo portato dei video sullo spazio che mi sembravano molto belli ed ero contenta di mostrarli. Invece verso la fine della lezione mi hanno di nuovo sparato quelle palline, ma questa volta ho sentito malissimo alla testa e per fortuna avevo la mascherina che ha impedito che mi centrassero l’occhio. Ho pianto perché non capivo che cosa stesse succedendo, ma anche in quel caso nessuno è uscito a chiedere un intervento. Quando mi sono ripresa ho capito che avevano fatto un video e ho detto ai ragazzi che se lo avessero inviato nelle loro chat avrebbero avuto delle conseguenze. Il secondo non è stato inviato. Mi ha preso un senso di abbandono che non mi ha più lasciato. Da quel giorno ho sempre sentito disagio ad andare a scuola, io che ai ragazzi ho dedicato la vita”.
La docente ha anche commentato la sua decisione di denunciare l’intera classe: “Ho aspettato fino all’ultimo giorno prima di farlo. Speravo che si prendessero dei provvedimenti, che da questo episodio potesse scaturire un percorso di confronto tra docenti, studenti e genitori. Nulla. Le uniche scuse arrivate sono state tramite la preside, a condizione che ritirassi la denuncia. Alla fine, non volevo più sentirmi così umiliata e ho presentato esposto, denuncia e querela nei confronti di tutta la classe presso la Procura della Repubblica al Tribunale dei Minori a Venezia per lesione dolosa, reiterazione del reato, interruzione al servizio di pubblica utilità e oltraggio al pubblico ufficiale”.
“Ho cambiato sezione. Mi sento comunque emarginata e non vorrei finire come alcuni docenti che, per incomprensioni, si ritirano prima dall’insegnamento. Io amo la scuola e credo nei valori dell’insegnamento. La scuola è prima di tutto una scuola per la vita che dovrebbe valorizzare docenti e alunni e trasmettere quanto importante è la cultura”, ha detto, spiegando come si sente oggi.
Ed ecco un commento sui ragazzi di oggi: “Non si può generalizzare, ma ho la sensazione che della cultura interessi poco. C’è un atteggiamento dilagante di faciloneria, e di volersi fare vedere utilizzando anche tra loro lo scherno, ma c’è un confine. Quando lo scherno diventa bullismo si fa del male agli altri. Bisogna capire qual è il limite”.
“Nove in condotta. Un’altra umiliazione per tutti i docenti vittima di violenza. Una sconfitta per tutto il sistema scolastico. Premiare chi ha sparato alla professoressa con una pistola ad aria compressa serve solo a rafforzare l’idea che tali comportamenti non solo restano impuniti ma vanno addirittura premiati, ribaltando totalmente il prezioso ruolo educativo della scuola, palestra di vita prima ancora che fucina di idee. Bene hanno fatto i ministri Valditara e Crosetto a chiedere scusa alla docente, alla quale oggi più che mai voglio esprimere la mia solidarietà e vicinanza. Bisogna restituire autorevolezza ai docenti, non delegittimarli, così come accaduto. Minimizzare il problema, premiare gli autori di questi gesti induce un pericoloso effetto emulazione. Una sorta di depenalizzazione e deresponsabilizzazione nei confronti del fenomeno, che invece resta grave e pericoloso”, lo dichiara la senatrice di Fratelli d’Italia Ella Bucalo, componente della commissione cultura e istruzione del Senato e responsabile della scuola del partito.
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