La prof derisa mentre spiega finisce su Youtube: la famiglia paga 20.000 euro

Filmare o fotografare frammenti di lezione scolastica per poi riversarli su internet è un reato che può costare molto caro agli studenti. E alle loro famiglie, chiamate sempre più spesso dai giudici a risarcire gli insegnanti danneggiati con cifre a quattro zeri. Soprattutto quando i docenti oggetto delle riprese decidono di denunciare l’accaduto al tribunale della Repubblica.
Una delle “goliardate” studentesche su cui il prof deriso è voluto andare sino in fondo ha avuto il suo epilogo in questo giorni. I fatti risalgono al febbraio del 2007, quando la lezione di italiano all’interno di un istituto superiore di Vimercate, nella Brianza, è stata ripresa da uno studente attraverso il cellulare. Questa la scena: la professoressa di spalle, i compagni di classe che fanno finta di dormire, in sottofondo alcuni commenti e risa. Il ragazzo non si limita alla registrazione: tornato a casa riversa il tutto su pc e pubblica il mini-video su Youtube.
Il filmato ha un successone, forse troppo. Perché qualcuno lo fa sapere anche alla docente di italiano “protagonista” delle riprese. Immediata scattano le verifiche. L’organo di valutazione interno all’istituto commina una punizione abbastanza severa: 15 giorni di sospensione. E sarebbe potuta andare ancora peggio se l’allevo non avesse ammesso le sue colpe.
Fin qui nulla di anomalo. Nelle classi, dove gli iscritti sono ormai quasi tutti “nati digitali” e hanno un rapporto viscerale con le nuove tecnologie, queste dinamiche sono diventate sempre più comuni. Meno frequente è la scelta dei prof derisi pubblicamente di procedere ad un’azione legale extra-scolastica. Come invece è accaduto per la vicenda di Vimercate: l’insegnante attraverso il suo avvocato ha chiesto 25 mila euro di danni morali. E il giudice del tribunale civile di Monza ha accolto quasi in pieno la sua istanza: i genitori del ragazzo dovranno pagare circa 20 mila euro tra spese legali e risarcimento del danno morale per aver “pubblicato immagini lesive del decoro e della reputazione dell’insegnante“.
Determinante, sempre per il magistrato, l’azione successiva alla ripresa della lezione, quando “il ragazzo non si trovava più sotto il controllo dell’insegnante“: l’aver reso pubblico a tutti l’accaduto su internet. Il web del resto, si sa, è come una piazza: e mettere in piazza fatti strettamente scolastici equivale a commettere un vero e proprio reato. Meditate studenti. Meditate….
Alessandro Giuliani

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