“Per Cloe e per tutt* noi, Mai più“: è uno degli striscioni esposti il 17 maggio a viale Trastevere da decine di docenti, studenti, cittadini e attivisti del movimento “Non una di meno”. La loro presenza davanti al ministero dell’Istruzione ha voluto testimoniare solidarietà nei confronti di Cloe Bianco, la docente trans dell’istituto di Agraria “Scarpa-Mattei” di San Donà di Piave che 72 ore prima si era tolta la vita dandosi fuoco nella sua “casa” su quattro ruote.
La prof di laboratorio transgender era conosciuta da tutti, dopo che nel novembre del 2015 si presentò in classe vestita da donna (fino al giorno prima era da tutti considerata un docente di sesso maschile) e con una precisa richiesta agli studenti: “da oggi chiamatemi Cloe”.
Era vestita con una minigonna e stivali a tacco alto, sembrava avesse anche il seno finto e una parrucca bionda.
Il coming out doveva essere liberatorio, invece rappresentò l’inizio della fine. Perché studenti e (soprattutto) genitori non presero bene la decisione.
Anche la scuola condannò pesantemente l’accaduto, infliggendo inizialmente tre giorni di sospensione alla prof: il procedimento disciplinare, però, andò avanti sino ad arrivare all’incompatibilità rispetto all’insegnamento. Così Cloe si ritrovò a lavorare nelle segreterie di quelle scuole dove fino a poco tempo prima si recava per insegnare agli alunni.
Non sapremo mai, probabilmente, quanto ha pesato tutto questo sulla decisione della docente. Di sicuro, però, non ha aiutato. Come non hanno aiutato Cloe tutti quelli che le sarebbero dovuti rimanere vicino: “discriminazione, mobbing, esclusione, stigma sono pane quotidiano nel mondo del lavoro e nella scuola pubblica italiana sempre più sessista, transomofobica, sessuofobica”, ha detto una manifestante davanti al Ministero.
Secondo Elena Donazzan, l’assessore alle Pari Opportunità della regione Veneto che già in passato aveva criticato il caso sui suoi social, “il movimento Lgbt sta usando la morte tragica di una persona per fare una polemica politica. Io credo che chi ha lasciato solo il professor Bianco sia proprio il movimento Lgbt“.
Nell’intervista l’assessore continua a parlare al maschile della professoressa transgender, definendola – su Radio 24 – come ‘un uomo vestito da donna’. Donazzan – che ha denunciato insulti e minacce sui propri profili – ha tenuto a dire che “sentire la propria sessualità in modo diverso, particolare, omosessuale, transessuale è una cosa, ma non è la scuola il luogo della ostentazione perché di questo si trattò”.
“Perché dire che si è omosessuali è una affermazione, mentre presentarsi in classe, perché questo accadde, con una parrucca bionda, un seno finto, una minigonna ed i tacchi è un’altra cosa”.
Le critiche più forti arrivano dall’istituto di Agraria “Scarpa-Mattei” di San Donà di Piave, dove insegnava Cloe: una studentessa l’ha definita “la mia professoressa” e poi ha detto che “la cosa peggiore è che i genitori in primis erano delle merde che la vedevano come un fenomeno da baraccone facendo code lunghissime ai colloqui con lei (cosa che prima non succedeva mai) solo per vederla di persona e poi deriderla”.
La ragazza se l’è presa anche che i dipendenti della sua scuola: “aveva professori e preside compresa che non aveva tatto nelle cose, sono stati i primi a parlarne con disprezzo“.
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