C’è tanta diffidenza verso i social e gli smartphone a scuola. Ma, se usati con criterio, a volte questi strumenti di distrazione possono diventare davvero un utile supporto alla didattica. E’ il caso della prof di italiano Carla Romoli, che insegna in una scuola media a Bologna. La docente, ha preso l’abitudine di inviare una buonanotte speciale ai suoi alunni: ogni sera prima per l’ora di cena l’insegnante invia una nota vocale su WhatsApp ai suoi alunni in cui spiega un vocabolo nuovo, la maggior parte delle volte, di scarsa frequenza.
“Siamo partiti da un mese, racconta la docente di lettere su Repubblica.it, continuerò fino alla fine della scuola e anche per tutto l’anno prossimo”. L’intenzione è quella di far conoscere agli alunni almeno 400 vocaboli in più, alla fine delle medie. Parole nuove, spassose, strambe, difficili. Sapranno da dove vengono, cosa significano, dove li porteranno da grandi.
Parliamo di termini appunto poco conosciuti, soprattutto dai ragazzi, che difficilmente incontreranno termini come bustrofedico: “…detto di antiche scritture le cui righe andavano da destra a sinistra e poi da sinistra a destra, l’aggettivo deriva dal greco, rievoca l’andatura dei buoi condotti dai contadini per l’aratura”.
Oppure che conoscano il vero significato di “abisso”. Infatti, ecco un esempio: “Significa profonda voragine, viene dal greco: luogo senza fondo. Buonanotte!”.
La docente che chatta con i suoi alunni ha avuto l’ispirazione da una trasmissione radiofonica: “l’idea delle parole per la buonanotte mi è venuta da una trasmissione radiofonica dove dei conduttori burloni chiedevano per strada il significato della parola motto. Chi faceva finta di aver capito otto, chi cotto. Ma nessuno lo sapeva. Ed erano tutte persone tra i 20 e i 35 anni, se non di più. Ho pensato che i mie ragazzi, appena dodicenni, avrebbero saputo rispondere perché avevamo studiato Boccaccio e i motti leggiadri nella novella di Madonna Oretta. Ne sono andata fiera, ma al tempo stesso ho pensato a quanto fosse stato importante arricchire il loro lessico”.
Infatti, “se sei padrone del lessico, continua l’insegnante, la comunicazione verbale e affettiva non è più un problema: sai esprimere le tue emozioni. È la povertà lessicale che si trascina dietro il vuoto. Se poi si attribuisce un significato alle cose, un giusto nome, esse possono prendere vita. È un regalo reciproco: gli studenti imparano ad amare le parole e queste li ricompensano aprendo loro scenari sconosciuti”.
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