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La promozione della cultura italiana nel mondo entra in crisi: il caso Asmara

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Nel giugno del 2012 il ministro Riccardi si è recato in Eritrea, dove ha incontrato il Presidente Isaias Afwerki, il Ministro degli esteri e il Ministro dello sviluppo per promuovere una cooperazione utile a garantire stabilità e crescita all’intera area.
Da un’intervista a Gian Paolo Carini, preside della Scuola Italiana di Asmara, coautore del libro “Storia della Scuola Italiana in Eritrea”, si evince che il problema è nato dalla richiesta italiana di rivedere il vecchio accordo tecnico del 2000, un accordo importante per lo status del personale della scuola che coinvolge vari ministeri, dell’educazione, dell’immigrazione, delle finanze.
Quest’accordo ha permesso alla scuola di funzionare senza togliere però problemi d’interpretazione. Ogni anno qualcosa andava rivisto, riadattato. Si sono accumulate tensioni, ritardi nella concessione dei permessi, lungaggini burocratiche, richieste di accertamenti sanitari in loco anziché solo in Italia. Sono stati allontanati tre insegnanti risultati positivi ad alcuni esami e ci sono stati ritardi nella concessione dei permessi di lavoro.
L’accordo avrebbe dovuto avere una validità di cinque anni, però è sempre stato rinnovato, unilateralmente, da parte eritrea, fino al 2012. Insomma era un accordo vecchio, anche se necessario. 
Alla fine del 2010/2011 l’Italia ha elaborato un nuovo testo che ha inviato alla controparte eritrea che non l’ha preso nella dovuta considerazione. Così l’Italia ha deciso che nel 2012 la scuola avrebbe potuto cominciare solo per gli italiani, non per gli eritrei e che si bloccavano le prime classi di ogni ciclo. Gli eritrei hanno detto e scritto che la decisione è stata improvvisa e che non erano stati informati a sufficienza.
Da quell’incontro tra Riccardi e Isaias Afwerki, è passato quasi un anno e gli eventi riguardanti la Scuola Italiana di Asmara si sono complicati, con l’annunciato rientro nei prossimi mesi della maggioranza del personale di ruolo, a causa delle difficoltà di applicazione dell’Accordo tecnico italo-eritreo.