È mai possibile che ai maestri delle primarie non sia corso un brivido lungo la schiena dopo aver letto l’Ordinanza che regola lo svolgimento degli scrutini finali? Come si spiega il fatto che non sia ancora sorto un movimento collettivo, trasversale, variegato che chiede che almeno loro, i bambini, siano salvati dal grigio diluvio burocratico che ancora una volta sta sommergendo la scuola italiana?
L’unica spiegazione che ci diamo, in questo momento, è che in troppi insegnanti viva un “valutatore” una sorta di doppio malefico che non vede l’ora di misurare e definire, di circoscrivere il perimetro dell’apprendimento.
Accanto a questo doppio ci deve essere un’altra ombra, quella che scatena la “sindrome da primo della classe”, la quale spinge a credere che, valutando i propri studenti si certifichi anche la propria capacità di lavoro. “Vedi come sono bravo?” – dice l’insegnante vecchio stampo – “sono severo ed ho distribuito tante insufficienze”. “Vedi come sono bravo?” – afferma l’insegnante più “aggiornato” – “ ho lavorato bene ed ho dato tanti bei voti”. Qui stiamo esagerando e mettendo in ridicolo, ma il problema c’è ed è grave: insegnare e valutare non sono la stessa cosa ed ogni sbilanciamento a favore della valutazione (che, come tutti sanno, aspira ad una scientificità molto discutibile) è, di fatto un impoverimento del processo dell’apprendere.
Se questo vale in tempi normali, vale tanto più nei nostri tempi eccezionali. I bambini sono stati reclusi ed hanno vissuto questi ultimi mesi con difficoltà. Gli adulti hanno decretato anche per loro la “didattica a distanza”, sebbene l’esposizione di bambini a tablet, smartphone, schermi in età precoce sia stata considerata un pericolo da studiosi autorevoli.
E adesso, dopo averli tenuti in casa e fatti adattare ad una zoppicante “didattica a distanza” li vogliamo “valutare”! Cosa si sentono di valutare i maestri, l’impegno del bambino o della famiglia? Lo sforzo fatto a seconda dello strato sociale di provenienza, particolarmente grande per le classi meno abbienti e meno acculturale? O addirittura “i risultati raggiunti”? O forse i progressi fatti? Inorridiamo pensando ad una schiera di docenti che, anche in questa occasione, vogliono usare il voto, magari “cum grano salis”, giusto per usare un’espressione appena usata dalla Ministra per giustificare la necessaria, ineludibile e provvidenziale chiusura delle scuole.
Quest’anno è andata così: il virus ha ricordato a tutti la fragilità della vita umana ed ha reso ogni ingiustizia ancora più insopportabile, a confronto con il destino tragico dell’umanità.
Chiediamo dunque: dove sono i maestri, quei maestri di cui parla George Steiner? “Anche ad un livello modesto, come quello di maestro di scuola, insegnare, e insegnare bene, significa essere complici di possibilità trascendenti”. E queste “possibilità trascendenti” di cui il maestro è complice si scatenano decidendo per il 7 o per l’8?
Il nostro è un appello, rivolto a tutti coloro che non hanno bisogno delle direttive ministeriali per far bene il mestiere d’insegnare: maestre e maestri date 10 a tutti i vostri piccoli studenti.
Lo meritano tutti e sarà non una “valutazione” di ciò che sanno ma il ricordo che, tra tutti i sentimenti che un adulto può nutrire nei confronti di un minore quello della magnanimità è fra i più preziosi. I bambini sono stati bravi, tutti, persino quelli capricciosi e già un po’ guastati dal mondo che li circonda. Se qualche insegnante pignola o pignolo ha ancora dubbi sulla fattibilità del “10 politico” sfogli il PTOF della sua scuola: ci troverà obiettivi altisonanti (ad esempio: imparare ad elaborare un giudizio critico, divenire capace di relazionarsi con gli altri sviluppando atteggiamenti collaborativi, diventare autonomo nella ricerca di informazioni etc.).
Tutti i bambini sono stati piccoli cittadini collaborativi e meritano il massimo dei voti. La classe docente guardi ai piccoli con un sorriso, che non è il sorriso paternalistico ma è il sorriso di chi appunta scherzosamente una metaforica medaglia (che sarà mai un “10”?) sulla maglietta dei propri allievi, quasi a chiudere un brutto periodo di sofferenza collettiva.
Ricordiamoci di Gianni Rodari, lontano da noi da quarant’anni; il suo non sia un anniversario destinato a passare invano.
Diciamo ai piccoli che c’è una scuola grande quanto il mondo nella quale Di imparare non si finisce mai,/e quel che non si sa/è sempre più importante/di quel che si sa già.
Rassicuriamoli: non c’è fretta, la tv ci ripete che abbiamo perso tre mesi, ma non è vero. Quanto ai compiti per le vacanze questa raccomandazione: Scrivi bene, senza fretta/ogni giorno una paginetta./Scrivi parole diritte e chiare:/Amore, lottare, lavorare.
Se l’idea di costituire comitati per il “10 politico” alle primarie incontra consensi, prego di scrivere al seguente indirizzo: [email protected]
Cub Scuola – Torino